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Regionali, Di Paola: «In questa terra è l’ora della rivoluzione dei quarantenni»

Il candidato del M5S al quotidiano La Sicilia: «Io vero voto utile anti-destra, Fava faccia il disgiunto. Reddito di cittadinanza, non solo un sussidio: nell’Isola porta un miliardo l’anno all’economia»

Di Redazione |

È proprio una chiamata alle armi generazionale. «C’è bisogno di concretezza e di pulizia, ma anche di nuovo vento di dinamismo. Quello dei quarantenni, che hanno il diritto e il dovere di prendersi in mano il destino di questa terra». Parole e musica di Nuccio Di Paola, candidato del Movimento 5 Stelle alla presidenza della Regione. Secondo ospite in redazione, dopo Renato Schifani, nella serie di forum organizzati da La Sicilia.

Di Paola arriva nel primo pomeriggio con lo staff della comunicazione grillina. Con lui c’è Giancarlo Cancelleri, storico leader del M5S in Sicilia, mancato candidato dopo lo stop di Giuseppe Conte alla deroga sul limite dei due mandati, ma soprattutto amico e mentore del candidato scelto dall’ex premier dopo la rottura con il Pd. «In questi giorni di campagna elettorale – confessa Di Paola – sto avvertendo delle sensazioni positive, che vanno ben oltre i numeri dei sondaggi. Mi sento in partita, siamo in partita e possiamo farcela. Anche percheé nel rush finale potrò contare sul fattore “C+C”». E cioè? «Conte più Cancelleri. Il nostro presidente sarà in Sicilia dal 15 al 17 settembre e per noi, oltre che un onore, sarà una spinta decisiva. Giuseppe, girando per l’Isola, con il suo carisma e la sua capacità di parlare al cuore dei cittadini, è capace di spostare anche un 3-4 per cento. Al resto – sorride il capogruppo all’Ars, nonché referente regionale del M5S – ci penserà lui. Vero Giancarlo?». Il sottosegretario ai Trasporti sorride. Poi, nel tardo pomeriggio, posterà sui social una foto dell’incontro in redazione. «Magari vi starete chiedendo perché, anche se non candidato, sono al fianco di Nuccio. Tolgo subito la palla a chi insinua che cerco un posto da assessore; non ne ho bisogno. Sono qui perché ho contribuito a costruire, 15 anni fa, insieme a un manipolo di sognatori, il M5S  in Sicilia, e non mi stancherò mai di lottare per poter cambiare e migliorare la mia terra attraverso questo progetto politico. Si può fare politica in tanti modi dicono, io ne conosco solo uno: col cuore».

Il quarantenne più in palla, però, è Di Paola. Che lancia un appello ai suoi coetanei, o giù di lì, ma «soprattutto a quella parte di classe dirigente che si aggira sui settant’anni». Questo: «Dateci la possibilità, a me ma anche a tanti di buona volontà negli altri partiti, di fare. Noi vogliamo fare. Anche fare degli errori. Ma non subire quelli che hanno fatto e che faranno esponenti che sono in politica da sempre». Un siluro generazionale agli avversari, in ordine decrescente d’età, Renato Schifani e Caterina Chinnici? «Non è una questione anagrafica, si può essere freschissimi anche a 72 anni. Ma non mi pare che il candidato del centrodestra lo sia. Di Caterina non posso che parlare bene come persona. Sulla capacità di essere smart sospendo il giudizio…». Ma, facendo la somma dei singoli dati attribuiti dai sondaggi, non c’è nemmeno un pizzico di rammarico per aver mollato il Pd sull’altare, rompendo una coalizione che oggi potrebbe mettere in dubbio la pronosticata vittoria del centrodestra? «No», risponde secco Di Paola. Che poi spiega: «S’era rotta la magia, il rapporto politico non è soltanto somma algebrica. E poi, ripeto, io me la gioco fino in fondo: sto crescendo nei sondaggi. Anzi ne approfitto per fare un appello a Claudio Fava: se, come noi, vuoi che non vinca Schifani, fai votare disgiunto su Di Paola. Questo, oggi, è il vero utile in Sicilia.». Dopo la provocazione la riflessione: «Tutti i miei avversari stanno sottovalutando l’effetto dell’election day, che, oltre a mettere in difficoltà Cuffaro e Lombardo, enfatizza il voto d’opinione. Ricordo soltanto un dato: ogni punto percentuale che il movimento ha come media italiana, vale quasi il doppio in Sicilia. Alle Europee il 17 per cento qui diventò 30…». Ma basta l’idillio con i percettori del reddito di cittadinanza (contro il quale anche i leader nazionali del centrodestra, che vogliono abolirlo, quando scendono sotto lo Stretto abbassano i toni) per tirare la volata al candidato solitario grillino? «Io il reddito lo difendo alla morte. Ma non soltanto perché ha dato da vivere a circa 650mila siciliani. Parlando a un incontro con gli imprenditori, ho ricordato che questa misura fa girare in Sicilia un miliardo l’anno. Il che significa consumi, acquisti, economia. Va migliorato, soprattutto nei controlli, ma non si tocca. Giù le mani dal Reddito».

Timori per il calo del desidero dell’elettorato di pancia che sembra orientare il voto sul neo-populismo di Cateno De Luca? «Non mi preoccupa. Lui scopiazza: un po’ da Crocetta, che non a caso si rivede in lui, un po’ dal M5S dei primi tempi. Ma la copia è sempre peggio dell’originale: lui non guarda nemmeno i cittadini in faccia ai suoi comizi, rivolge lo sguardo alle telecamere a favore di social. E dire che quando era con me, sui banchi dell’Ars, mi chiedeva: “Ma come si fa una diretta social”?». Evidentemente ha imparato bene. «Sì, ma resta il vecchio Cateno, lombardiano e poi dell’Udc. Il suo deputato Lo Giudice non votò la mozione di sfiducia a Musumeci. E poi De Luca io me lo ricordo, nelle nottate in commissione Bilancio all’Ars: stesse marchette, stessi metodi dei suoi vecchi sodali…». Il M5S, invece, «oggi è cambiato: grazie a Conte è passato da moto di antipolitica a forza affidabile di governo, non a caso candidiamo anche ex sindaci ed ex amministratori locali all’Ars e alle Politiche».

E si entra nel dettaglio del programma. Sui rifiuti «no ai termovalorizzatori, ma nuova mappa delle Srre che chiudano il ciclo con piccoli impianti tecnologicamente avanzati, come quelli di cui ha parlato Conte di recente, che eliminino la combustione dei rifiuti». E poi le infrastutture, sulle quali Cancelleri si limita a rivendicare parte del merito sull’attuale «età dell’oro delle opere pubbliche in Sicilia». Citando gli investimenti degli ultimi due governi nazionali e rendendo onore alla «bella sfida a chi faceva meglio per la nostra regione» con l’assessore Marco Falcone. Per Di Paola ci vorrebbero «cento Giancarli, perché oltre ai fondi c’è bisogno di chi stia in campo, a fare pressing sui cantieri». Da qui due idee. Una a valle: «Un fondo regionale per richiamare i nostri tecnici migliori, affiancandoli alle pubbliche amministrazione». Un’altra a monte, non solo per le infrastrutture: «Il mio governo regionale dovrà essere itinerante. Non stare chiuso dentro i palazzi palermitani. Ma uscire fuori. E visitare, a giro, una provincia siciliana al giorno. Al netto degli impegni di Ars e governo, si può fare un tour completo ogni 15-20 giorni». E il Ponte? Cancelleri, grillino “blasfemo” favorevole, si gira dall’altro lato. E Di Paola prende tempo: «Vedremo le carte. Analizzeremo il risultato dello studio promosso dal governo. Vedremo le carte, ma con una nuova lettura: voglio che si esca dallo scontro ideologico. Come voterebbero i siciliani a un referendum sul Ponte? L’80 per cento non andrebbe alle urne, perché ci sono ben altre emergenze. Una su tutti: il caro-bollette. Per questo, più che la mia opinione sul Ponte, è più importante sapere che proporrò il “reddito energetico”: un fondo regionale, con 50 milioni iniziali, per tagliare i costi di famiglie e imprese». L’altro cavallo di battaglia è la sanità. Non soltanto con la nuova mappa delle Asp (che «non dovranno più coincidere ai nove collegi elettorali, ma alle reali esigenze interprovinciali sui territori»), ma anche con una proposta innovativa conseguente: «Un contratto unico regionale per medici e infermieri, che non saranno dipendenti di una singola azienda sanitaria, ma di tutto il sistema sanitario regionale». Ma crede davvero di farcela? «Sì», risponde con un ampio sorriso.

(Pubblicato su La Sicilia il 7 settembre)COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA