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Stragi, Falcone e Borsellino due esempi di legalità da diffondere tra gli studenti

Nel quadro delle celebrazioni per il trentennale dell'eccidio di Falcone, l'incontro alle Salette di Catania organizzato dal quotidiano La Sicilia a cui hanno partecipato, tra gli altri, i giudici Zuccaro e Di Bella e il prefetto Librizzi

Di Redazione |

Trenta anni fa, il 23 maggio del 1992, a Capaci Cosa nostra uccideva il magistrato antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Stamane le concitate comunicazioni radio dei primi operatori delle forze dell’ordine subito dopo la strage, sono state fatte ascoltare agli alunni di una decina di scuole tra elementari, medie e superiori di Catania durante una manifestazione sulla legalità organizzata dal quotidiano La Sicilia nell’oratorio salesiano de la Salette, nel quartiere di San Cristoforo. All’incontro hanno preso parte il prefetto Maria Carmela Librizzi, il procuratore della Repubblica a Catania Carmelo Zuccaro, il presidente del Tribunale per i Minorenni di Catania Roberto Di Bella, il sindaco facente funzioni Roberto Bonaccorsi, il direttore del quotidiano "La Sicilia" Antonello Piraneo ed il caporedattore di ANSA Sicilia Francesco Nuccio.

Il Prefetto ha ricordato anche la vicenda di Graziella Campagna, uccisa dalla mafia e ha detto: «La legalità ha tante declinazioni che si possono riunire in un unico concetto: essere dei buoni cittadini di cittadinanza attiva e civile». Zuccaro ha ripercorso le vicende giudiziarie che hanno preceduto le stragi di Capaci e di Via D’Amelio. «Non vi è dubbio che Cosa nostra sia legata alle stragi di Capaci, Via d’Amelio, alle stragi del 1993 e a tanti episodi di violenza di quegli anni. E’ la protagonista principale. Cosa nostra non si fa strumentalizzare. Dialoga con determinati poteri forti e trae da essi forza e dà forza». Il presidente del Tribunale per i Minorenni Roberto Di Bella ha sottolineato l’importanza della lotta all’evasione scolastica in una città che ha il primato in Italia e ha detto: «Quello del mafioso non è un modello vincente. Io ho a che fare con mafiosi che sono in carcere che mi dicono "salvi mio figlio da qual maledetto quartiere"». 

Foto di Orietta Scardino  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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