LE CARTE DELL'INCHIESTA
All’Ast l’apoteosi della raccomandazione: dal «pizzino in assessorato» al «papello», avanti… c’è posto (per tutti)
Non solo Miccichè e Musumeci. Il gip: «Ast, logiche clientelari e pressioni». I nomi trasversali dei politici fra accuse di un “pentito” e intercettazioni
C’è un sussulto. Magari non di dignità. Ma di pudore. «Andiamo bene, ho visto che sono entrate altre quindici persone. Manco sannu fare ’a “O” cu bicchiere». Inadeguati, senza titoli, talvolta scansafatiche pronti a imboscarsi al primo giorno di lavoro: e dunque assunti. Ma il “facilitatore” – che andava a prendere «l’ultimo pizzino che mi hanno dato in assessorato» – è consapevole che «non può continuare così». Ugo Fiduccia, il direttore generale dell’Ast arrestato ieri, conosce il costo di quello che la Procura di Palermo definisce «un vero e proprio patto corruttivo»: 600mila euro al mese per i lavoratori interinali, l’Azienda siciliana trasporti arriva ad averne in carico fino a 220. Nell’accordo con In.Hr, agenzia per il lavoro di Potenza, c’è un tetto massimo di spesa 6 milioni in tre anni: il 31 marzo 2021, a 12 mesi dalla scadenza, sono già stati bruciati 3,4 milioni in più.
Soldi pubblici, perché la società degli autobus è al 100% di “mamma Regione”. «La lottizzazione politica delle assunzioni all’Ast», è il titolo di un lungo capitolo dell’ordinanza del gip di Palermo. Nelle carte la suggestione più potente arriva dalle intercettazioni dello stesso Fiduccia. Il 3 febbraio 2020, il direttore, ascoltato dalle cimici in ufficio, chiarisce il concetto: «’U iuoco forte ’u fa a politica. io ne infilo qualcuno, no ca io infilo tutto» e aggiunge che «il contatto sono Miccichè o ’u presidente da Regione, iddi sunnu». Nello Musumeci e Gianfranco Miccichè, non coinvolti nell’indagine, annunciano querele.
Nessuno dei (tanti e trasversali) politici citati risulta indagato. Così come non è detto che tutti i raccomandati siano davvero tali.
Ma, al di là dei nomi – magari millantati – dei due massimi rappresentanti istituzionali della Regione, Fiduccia conferma che «stiamo addiventando assai». Anche gli altri vertici di Ast ne sono convinti. Infatti, l’ex presidente Gaetano Tafuri (lombardiano di ferro, fra i 16 indagati, ma per ipotesi di reato minori, destinatario di misura interdittiva dai pubblici uffici per 12 mesi) e il suo vice Eusebio Dalì (ex fedelissimo di Miccichè) «si lamentano delle continue segnalazioni di personale da assumere» da parte di «influenti esponenti politici di Forza Italia». Il 15 febbraio 2020 è proprio Dalì a raccontare a Tafuri di aver detto al presidente dell’Ars che «qui sta diventando l’ufficio di collocamento di Forza Italia, nella loro testa, diciamo».
In effetti alcuni esponenti del partito berlusconiano, nelle carte, ci sono eccome. Sempre Dalì, intercettato dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria, aggiunge di essere stato contattato da Miccichè, bisognoso «di una posizione su Trapani, di una su Enna e una su Palermo». Fiduccia ritiene di poterlo accontentante perché c’è un soprannumero di personale, 15 in più rispetto al necessario, «ma stiamo scherzando…». Un modo, però, va trovato per accontentare il leader regionale di Forza Italia. Ad esempio, è lo stesso Dalì a chiedere a Fiduccia di parlare con “Officine del Turismo” per «fare uno stage, un contratto, una cosa» dove inserire «una ragazza, non meglio indicata» segnalata dal deputato regionale Riccardo Gallo. Il vicepresidente della partecipata pressa il direttore per «fargli il regalo di sta ragazza», anche uno stage non retribuito, «una minchiata». Fiduccia chiede poi a un suo collaboratore di appuntare «’stu nomi, chista»: Marisa Montalto, «un’amica» del potente forzista di Agrigento. L’11 marzo 2020, Giuseppe Li Volti (ex sindaco di Vizzini, capo della segreteria particolare di Marco Falcone, assessore alle Infrastrutture e Trasporti) dice a Fiduccia che l’allora assessora alle Autonomie locali, Bernardette Grasso, «inferocita», gli ha chiesto «se mi può risolvere ’stu problema di Fardella … nun ti siddiare… autorizzalo». Il direttore, annota il gip, «ammette che diversi soggetti sono stati segnalati “dall’assessorato”». Con una posizione di forza, visto che è dai Trasporti che «dipende il pagamento del contributo di gestione» della Regione all’Ast. Tre giorni dopo Li Volti torna alla carica per il dipendente da piazzare in smart working: «Stamattina li hai visti ’sti soldi?», chiede a Fiduccia, confermando che «il primo decreto che sta uscendo del 2020 è il tuo».
Anche il movimento che ha indicato Tafuri al vertice dell’Ast finisce nelle maglie dell’inchiesta. L’ex presidente, il 25 giugno 2020, parla con l’autonomista Roberto Di Mauro. Il vicepresidente dell’Ars gli segnala due non meglio identificati interinali che lavorano a Gela e che «vorrebbero andare verso Palermo»: ne possiamo «parlare a settembre», la risposta. E nelle carte spunta pure l’ex governatore appena assolto nel processo per mafia. Fiduccia, a colloquio con Dalì, cita tale Di Pietro, «un cretino, un testa di cazzo», che gli sarebbe stato «segnalato» dall’ex «presidente della Regione, quello del Movimento Autonomo Sicilia… Raffaele Lombardo».
L’apoteosi della raccomandazione arriva quando Fiduccia rivela: «Mi mannaru a chiamare all’Ars e mi rittero ’nu bellu papello». Una «busta», con dentro una lista di 50 nomi da far entrare all’Ast con contratti interinali. Indicati, uno per uno, dai magistrati. Eccola, nell’esatta sequenza in cui è citata negli atti dell’inchiesta: «Burrieci Raffaele, Patinella Pietro, Lo Presti Giuseppe Guglielmo, Faraci Girolamo, Barone Salvatore, Culcasi, Di Pietro Rosario Massimiliano, Nardò Vincenzo, Vacirca Vito, Ortisi Davide, Mercolillo Michele, Di Gianni, Caldarella Corrao, Muratore Francesco, Pernice Alessandro, Guglio Giuseppe, Sugameli Salvatore, Varzà, Messina Alfio, Pernice Alessandro, Giuffrida Luca, Pandetta Carmelo, Scarciofalo, Pagano, Latini Evaristo, Ferlito Sebastiano, Proto Salvatore, Catanzaro Sebastiano, Presti Salvatore, Di Mauro Concetto, Di Grazia Isidoro, Casella Antonino, Pappalardo Orazio, Rapisarda Rosario Alfio, Catalano Filippo, Pandetta Carmelo, Tropea Massimiliano, Iacono Davide, Lombardo Sebastiano, Parisi Antonino, Mazza Giovanni, Tranchina Rocco Andrea, Catalano Francesco, Calabrese Luca, Torresi Giuseppe, Maltese Carlo, Spatola Rosario, Rizza Fabio, Rosato Gabriele, Lucania Girolamo». Eppure, nell’ordinanza, in questo caso, si esplicitano i nomi dei presunti raccomandati. Ma non si fa cenno ai “mandanti” delle assunzioni.
Secondo il gip l’Ast è «pesantemente condizionata da logiche clientelari e da pressioni politiche». Per rafforzare la tesi, il pm Andrea Fusco sfodera la testimonianza dell’avvocato Giuseppe Terrano, un dipendente sentito come persona informata sui fatti nell’ottobre 2019. Nel verbale del “pentito” c’è un elenco di «tutta una serie di dipendenti che sono stati assunti in Ast grazie al sostegno di noti esponenti politici o influenti gruppi imprenditoriali». Ed è lo stesso Terrano ad autodenunciarsi: Francesco Cascio (ex presidente dell’Ars) «fu anche il mio sponsor» e fece entrare un’altra dipendente, Teresa Salamone. Poi ci sono «un nisseno sponsorizzato da Confindustria» (Giuseppe Iacono) e una «parente dei noti costruttori Caltagirone» (Maria Clara Canzoneri) .
Nella lista anche Antonino Contorno, un architetto «nipote» del deputato regionale dem Antonello Cracolici. Che smentisce qualsiasi coinvolgimento nell’assunzione: «Il marito di mia nipote entrò nel 2005, a seguito di una stabilizzazione di personale».
Curioso l’ultimo caso di un’assunta, Alessandra Marino, «vicina al politico Castiglione di Catania». Il primo pensiero va a Giuseppe Castiglione, ex sottosegretario alfaniano, che però, interpellato da La Sicilia, nega: «Non la conosco nemmeno». E allora potrebbe esserci un omonimia con un altro Giuseppe Castiglione, presidente autonomista del consiglio comunale di Catania, per ironia della sorte figlio di Santo Castiglione, presidente di Ast subentrato a Tafuri. «Non c’entro niente, né io e né mio figlio», giura quest’ultimo. Che ammette di «aver conosciuto la signora in questione soltanto una decina di giorni fa, in un giro delle sedi da presidente appena insediato». Esaurita la lista dei «politico Castiglione di Catania», l’identità del “raccomandatore” resta per ora misteriosa. Ce ne faremo una ragione.
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