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Della cosiddetta “truffa dell’accollo tributario” questo giornale aveva parlato in tempi ancora non sospetti il 30 ottobre 2019, quando scrivemmo che a Catania diversi truffatori erano nel mirino della Procura distrettuale della Repubblica guidata da Carmelo Zuccaro. Otto mesi dopo fu messa a segno la prima grossa operazione, denominata “Fake credits” – che coinvolse 30 persone, 3 delle quali finite in carcere, 21 agli arresti domiciliari e 6 colpite dalla misura interdittiva che vieta l’esercizio dell’attività imprenditoriale per un anno – grazie alla quale fu portata alla luce una “fabbrica” di crediti fittizi, merce preziosa per contribuenti alla ricerca di indebite compensazioni con l’erario.
Le indagini sono proseguite e altre operazioni sono state condotte in questi anni grazie al fatto che a Catania è stato istituito un reparto della guardia di finanza che si occupa di frodi tributarie gomito a gomito, in qualità di polizia giudiziaria, con la Procura della Repubblica.
Nonostante raffinati meccanismi di frode messi in atto da menti criminali col supporto di sistemi informatici che consentono il travisamento delle posizioni tributarie, il pool antifrode ha fatto e sta facendo venire a galla tutte le piccole e grandi truffe fiscali il cui comune denominatore è sempre lo stesso, ovvero una base di “infiltrati” all’interno di aziende sane (commercialisti, consulenti, amministratori) che convincono i malcapitati imprenditori all’acquisto di crediti fiscali che poi, in realtà, si rivelano inesistenti.
Ma il lasso di tempo tra l’acquisto (ovvero l’esborso di denaro da parte dell’imprenditore), l’utilizzo e l’inevitabile rilevazione da parte dell’agenzia delle entrate della falsità del credito, consente ai truffatori di farla franca e possibilmente sparire.
L’accelerazione nelle indagini ha di fatto interrotto questo circuito vizioso e dato luogo a diversi processi penali, tra i quali quello relativo ad alcuni soggetti che avevano provato con scarso successo la scalata al Catania Calcio (anche di questo ci siamo occupati per primi) e quello che vede al centro Armando Guglielmino, di Zafferana Etnea, che con la complicità di un commercialista e di terzi (per i quali non si sono ancora concluse le indagini) avrebbe attuato un sistema di illecita estinzione di debiti tributari utilizzando in compensazione debiti inesistenti per milioni di euro.
Questo primo troncone d’indagini, condotto dal pubblico ministero Rosaria Mulè, è stato preceduto da un sequestro giudiziario avvenuto nel novembre 2019 a carico del Guglielmino e di terzi. Diversi soggetti chiamati in causa, tra i quali un noto commercialista campano che avrebbe certificato l’esistenza dei crediti, hanno protestato la loro estraneità sostenendo che la truffa sia nata proprio a Zafferana Etnea e che i nominativi di soggetti napoletani siano stati inseriti nelle false documentazioni dei crediti proprio per scaricare la colpa su una zona italiana “geograficamente compatibile” con questo tipo di truffe. Circostanze che troverebbero se non una conferma quanto meno una base nelle dichiarazioni rese dal Guglielmino, che sembra non sia riuscito a provare il coinvolgimento di questi soggetti.
Successivamente alla chiusura delle indagini il pubblico ministero potrà richiedere il rinvio a giudizio di uno o più degli indagati.
La truffa dell’accollo tributario è un meccanismo che concretamente consente la vendita di un credito vantato nei confronti del fisco che tarda a pagarlo a un prezzo sotto il valore a un altro soggetto che lo può usare subito per intero per compensare un suo debito fiscale, lucrando così la differenza tra l’importo compensato e il prezzo di acquisto. Attività pienamente lecita qualora i crediti reali ceduti non fossero inventati.
L’asseverazione sull’esistenza del credito e talvolta la complicità con funzionari infedeli dell’agenzia rendevano possibile la frode, che si sottraeva a tutti i controlli fatti dai privati ma non a quelli del pool antifrode, che ha fatto emergere il meccanismo truffaldino.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA