il commento
Quando manca una seria e concreta valutazione del pericolo
Nel 2021 in Italia il numero di donne uccise è cresciuto in modo esponenziale. Una strage a cui il diritto non riesce a dare risposta
L’ultima vita spezzata è quella di Juana Cecilia, una ragazza peruviana che viveva a Sassuolo. Aveva denunciato il suo aguzzino. Ma come in un macabro rituale, che si ripete infinite volte, l’assassino tornato libero, dopo aver patteggiato, ha messo in atto indisturbato il suo proposito omicida. Una strage di donne sole e indifese a cui il diritto non riesce a dare risposta. L’apprensione per i femminicidi è oramai divenuta altissima. Nel 2021 in Italia il numero di donne uccise è cresciuto in modo esponenziale.
Il fenomeno dell’omicidio delle donne, che avviene prevalentemente in ambito familiare, costituisce un forte allarme sociale. Sul versante dell’inclusione, anche in Italia a molte donne viene negato di vivere secondo la Costituzione italiana e lo stato di diritto. Ha destato grande commozione il destino crudele riservato alla giovane Saman, che ha pagato per la sola colpa di voler vivere all’occidentale e rifiutare la legge della sharia. Il sistema giuridico rivelato, in cui si confondono diritto, religione e morale che riguarda tutti i doveri dei musulmani, sia nella loro vita di tutti i giorni, sia quelli religiosi. Un diritto di matrice prevalentemente giurisprudenziale che non è mai divenuto oggetto di codificazione. Intanto in un luogo, neanche tanto lontano dall’Europa, è in atto una catastrofe sociale. Le umilianti regole imposte dal sedicente governo dell’emirato islamico che si è insediato a Kabul. Alle donne senza volto vengono negati la dignità e i più elementari diritti. Dopo il ritiro delle forze Nato, in Afghanistan le ragazze non possono frequentare neanche le scuole, costrette a stare in casa e indossare il burqa. Alle donne è vietata anche la pratica sportiva. Ha fatto il giro del mondo l’agghiacciante notizia di una giovanissima giocatrice di pallavolo uccisa e decapitata con l’accusa di non aver indossato il hijad, il velo che copre i capelli delle donne.
Ma torniamo in Italia. La Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere, istituita dal Senato della Repubblica il 16 ottobre 2018, si sofferma sulle misure penali in grado di assicurare un intervento tempestivo a protezione delle donne da parte dell’autorità giudiziaria. “Soltanto in un numero limitatissimo di tribunali di sorveglianza – si legge nel Rapporto sulla violenza di genere e domestica nella realtà giudiziaria del 17 giugno 2021 – si è rilevata la buona prassi rappresentata dal coinvolgimento anche delle vittime nell’istruttoria finalizzata alla concessione dei benefici penitenziari. Ciò conferma la mancanza di una seria e concreta valutazione della loro esposizione al pericolo”. L’organismo parlamentare ha il compito di monitorare la concreta attuazione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.
Nella Convenzione di Istanbul l’Italia, insieme agli altri Stati firmatari, ha assunto l’impegno di adottare un approccio integrato da perseguire attraverso una collaborazione efficace tra le autorità incaricate dell’applicazione della legge e verificare la frequenza e le percentuali delle condanne per i reati di violenza di genere, come pure l’efficacia delle misure adottate. L’analisi sulla qualità della risposta giudiziaria alle forme di violenza sulle donne è stata condotta sulla effettiva specializzazione dei pubblici ministeri e delle modalità di assegnazione dei relativi procedimenti. Si è inoltre verificato “se e quanto sia diffusa la coscienza della complessità della materia e la conoscenza della specificità dei reati” al fine di comprendere il grado di efficienza ed effettività dell’intervento giudiziario. Ma soprattutto, la concessione dei benefici penitenziari, come la semilibertà, “non può prescindere da un fondato accertamento che essi non mettano a rischio la sicurezza delle persone offese dal reato”.
La relazione constata come i comportamenti virtuosi pur presenti siano episodici e isolati ed emerga nel complesso, “una insufficiente consapevolezza della complessità della materia”. Occorre mettere a punto interventi strutturali che siano coerenti ed efficaci. Ma il tempo dei buoni propositi è ampiamente scaduto. In Italia ogni 72 ore una donna viene uccisa per mano di un compagno o di un conoscente. Le piazze non bastano. Celebrare la giornata internazionale contro la violenza sulle donne significa agire subito con una giustizia giusta per contrastare un eccidio che sembra non conoscere la parola fine. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA