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LA RICERCA

Etna, con una tomografia sismica ricostruita la struttura interna del vulcano

Un team di ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), che ha definito il cuore dell'Etna  dai crateri sommitali fino a 10-12 chilometri di profondità

Di Redazione |

Al di sotto della parte centrale dell’Etna sono presenti tre zone che "rallentano" le onde sismiche determinandone un aumento dei tempi di percorso. E' quanto ha scoperto, attraverso l’applicazione di una tecnica sismologica chiamata «Tomografia Sismica 4D’, un team di ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), che ha definito la struttura del vulcano, dai crateri sommitali fino a 10-12 chilometri di profondità. Gli scienziati hanno interpretato queste anomalie come zone fratturate ad alta temperatura contenenti una percentuale di magma pari al 4% del volume complessivo, quantità che può alimentare l’attività eruttiva per diverso tempo. Lo studio, condotto con la sismicità dell’Etna verificatasi tra il gennaio 2019 e il febbraio 2021, è stato pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment. 

«Dallo studio – osserva Pasquale De Gori, ricercatore dell’Ingv e primo autore della ricerca – è emerso che la zona profonda in cui le onde sismiche sono lente si trova sull'estremità di una zona caratterizzata, invece, da un’alta velocità delle onde, che rappresenta la parte di magma non eruttata e consolidata e che costituisce la traccia della vecchia attività dell’Etna nel corso della sua evoluzione geologica. Ipotizziamo – aggiunge – che il magma proveniente dalle parti più profonde della crosta giunga in questa prima zona di accumulo e che il nuovo magma crei una pressurizzazione del sistema innescando gran parte della sismicità che si osserva all’Etna tra 4 e 12 chilometri di profondità. Da queste profondità assistiamo a risalite magmatiche nelle zone di accumulo più superficiali, testimoniate dall’incremento della sismicità, che possono alimentare fasi eruttive come è accaduto negli ultimi mesi». 

 «All’accadimento di un terremoto – sottolinea De Gori – l'energia sismica, sotto forma di onde elastiche, viaggia all’interno della struttura vulcanica e, attraversando volumi di crosta fratturata contenente magma e fluidi magmatici, subisce rallentamenti che ci permettono di definire dove è probabile che il magma sia contenuto». L’Etna è un’area molto attiva dal punto di vista sismico. L’Osservatorio etneo dell’Ingv (Oe-Ingv) di Catania effettua il monitoraggio sismico h24 attraverso una rete di sensori che dal 2005 al 2021 ha registrato più di 11.000 terremoti con magnitudo compresa tra 1.0 e 4.8 e con profondità variabili da qualche centinaia di metri al di sotto dei crateri sommitali fino a circa 30 km di profondità nel versante occidentale del vulcano. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA