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il commento

La variante della distrazione

Di Cristoforo Pomara |

«La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto    dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure    gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato    trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona    umana».  Dove porre il limite tra la tutela e il rispetto del singolo e    l’interesse e il rispetto della persona e della collettività? Quella    che stiamo vivendo, se non fosse ancora chiaro, è una guerra, non è    una calamità. È una guerra in cui palese e dichiarato è il nostro    nemico e note le sue forze in campo: il Covid. È un conflitto che,    solo nel nostro Paese, ha generato quasi 130.000 vittime e continua    subdolamente a mieterne anche oggi. Lo fa nella distrazione generale    di una collettività che ha bisogno di ritrovare i ritmi di una vita    normale e lui, il nostro nemico, il Covid, si adatta e punta a vincere    la guerra. Contrariamente al clamore dei numeri della prima fase, oggi    miete poche vittime ma costantemente e ogni giorno, in attesa di    capire se e quando sarà in grado di sferrare il colpo finale.

Il pericolo più grosso delle varianti è quello che il virus possa    mutare in un ceppo resistente ai vaccini e questo ci riporterebbe nel    baratro.   È un paradosso: avere il rimedio, ovvero la vaccinazione di massa, e    interrogarci sul perché e sul come questa stia rallentando. Come    medico legale sono un convinto assertore da sempre, e i miei scritti    sul tema lo testimoniano, del principio del consenso informato in    medicina, della capacità e della forza della comunicazione tra medico    e paziente per il successo della libera e consapevole adesione alle    cure. Proprio perché sostengo in pieno questo principio, non posso    esimermi dall’analizzare la particolare situazione storica che stiamo    vivendo, e dal dire le cose come stanno, molto crudamente.  Due scenari si prospettano all'orizzonte ed entrambi partono da una    premessa comune. La comune premessa è che la scelta di non vaccinarsi,    così come quella di vaccinarsi, non rimane confinata alla sfera    individuale del singolo soggetto, ma determina evidenti ripercussioni    sul bene e sulle scelte dell’intera collettività. La campagna    vaccinale ha un senso solo se di massa; solo se almeno l'80-90% della    popolazione sarà vaccinata (e a livello mondiale) avremo la quasi    certezza scientifica di arrestare la progressione del virus e di    sconfiggerlo. È, peraltro, ormai evidente che chi è vaccinato non    sviluppa una forma severa di malattia e che nei soggetti vaccinati    l’infezione non determina pericolo di vita. Come ha detto il    presidente del Consiglio Mario Draghi, muore chi non si vaccina e    l’appello a non vaccinarsi è un appello alla morte.   Come dicevo, dunque, si prospettano due scenari: o prevale il senso    civico e di responsabilità collettiva di una consapevole e libera    adesione alla campagna di vaccinazione di massa, o il virus sferrerà    il suo ulteriore attacco globale e, allora, a suon di morti    esponenziali, gli Stati saranno costretti a fare ricorso a quelle “disposizioni di legge” coercitive, ma costituzionalmente previste, che    renderanno obbligatoria la vaccinazione contro il Covid. Se ci si    pensa, è stato così per il green pass, quello che il Cts Sicilia già    nell'aprile 2020 aveva prospettato definendolo «patentino    sanitario».

 Ma il vero tema da affrontare è cosa possiamo figurarci tra questi due    scenari. In questa incerta terra di mezzo si riaffaccia lo spettro del    lockdown, in un momento storico nel quale – dobbiamo avere il coraggio    di dirlo – non possiamo più permettercelo, pur a fronte delle vite che    lasceremo sul campo di battaglia. Non voglio essere frainteso, parlo    da medico e senza volermi riferire a tutti gli altri articoli della    nostra Costituzione che pure tutelano il lavoro, il benessere e    l’economia del Paese. Mi riferisco, invece, alla prevenzione di una    società di malati cronici gravi. Vogliamo comprendere cosa vorrebbe    dire chiudere ancora asili, scuole e università? Come parametrare il    danno da detrimento sociale, l’insorgenza di patologie psichiatriche,    il livello di disadattamento sociale dei nostri bambini, costretti a    vivere i primi anni di vita chiusi in casa, decontestualizzati    rispetto a una vita sociale che, probabilmente, non sarebbero in grado    di reggere? E che dire, poi, di tutte le cure negate o ritardate delle    altre patologie croniche, dei programmi di screening, di follow up    delle patologie tumorali? Questa volta, a differenza della prima,    sarebbe un disastro e le vecchie strategie di contenimento, sebbene le    uniche valide in assenza del completamento della campagna vaccinale,    sarebbero un rimedio peggiore del male, ovvero dello stesso Covid.

* Medico legale, componente Cts SiciliaCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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