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Cateno De Luca: «Ecco perché mi candido a governatore (e voglio liberare la Sicilia da Musumeci)»

Di Mario Barresi |

Cateno De Luca, lei ci è o ci fa?

«In che senso, scusi, non capisco…».

Candidato a presidente della Regione.

«Sì, assolutamente sì. Sto già lavorando a un Fronte di Liberazione dell’Isola da Musumeci e dalla cattiva amministrazione. La Sicilia, dopo la iattura di Crocetta e la sciagura di Musumeci, ha bisogno di un presidente all’altezza. E il mio curriculum di amministratore è il migliore biglietto da visita».

Ma nel suo curriculum c’è anche l’appoggio convinto, nel 2017, alla discesa in campo dell’attuale governatore. E ora sembra il suo nemico numero uno…

«Io, nell’agosto 2017, fui uno dei primi a schierarmi con Musumeci. E per questo ruppi con Lombardo, che invece era innamorato della candidatura di Armao Meravigliao, e non feci le liste con l’Mpa ma con l’Udc. Io scelsi Musumeci perché era una persona che ritenevo capace sotto il profilo dell’amministrazione».

Perché ha cambiato opinione in questi quasi quattro anni?

«La cambiai già in campagna elettorale. Quando l’8 novembre 2017, al cospetto del mio secondo arresto, Musumeci disse: “La politica deve arrivare prima dei pubblici ministeri per evitare che certi personaggi mettano piede nelle istituzioni”. Va da sé che quell’arresto fu annullato dopo quindici giorni. E io oggi sono in-cen-su-ra-to. Ora Musumeci inverte l’approccio: manettaro con De Luca, iper garantista col suo pupillo Razza fino a sfidare la magistratura facendolo rientrare».

Questo potrebbe essere un motivo di risentimento personale: l’ex “impresentabile” rinnegato che si vendica del governatore-galantuomo…

«No, perché io quella vicenda gliela perdonai. Da deputato regionale sono stato leale, ho votato la finanziaria 2018. Il mio giudizio non è risentito ma oggettivo. Entro nel merito. Quali sono le riforme di Musumeci dopo tre anni e mezzo? Nessuna. Quali situazioni ereditate da Crocetta ha migliorato? Nessuna. Anzi, s’è peggiorato. Sui rifiuti, ad esempio. Il dirigente Foti scarica la patata bollente sui sindaci, paventando responsabilità penali e contabili: sta creando la supercazzola che si autoriproduce, da tirare fuori in tribunale. No, non ci sto. E ho presentato un esposto a tutte le Procure siciliane. Musumeci ha speso solo 1,5 dei 60 milioni a disposizione come commissario. Su sei impianti che doveva realizzare ne ha fatto solo una nel Ragusano, col sindaco Orlando che, in ogni atto, scrive “considerata l’inerzia della Regione” sulla settima vasca di Bellolampo, ferma da tre anni. L’emergenza rifiuti sarà pesantissima, quant’è pesante la burocrazia-pachiderma in cui Musumeci, nonostante le sparate in stile Crocetta sui dipendenti, non è riuscito a cambiare nulla. Siamo l’unica Regione che ha ancora l’Urega. L’Uregaaa… si rende conto?».

Anche sulla gestione del Covid ci sono state scintille con Palazzo d’Orléans.

«La gestione della pandemia è stata disastrosa. Musumeci ha rifiutato la banca dati, regalataci da un’azienda della California, per chi sbarcava dallo Stretto, io ho fatto due ordinanze e sono state impugnate a Roma. Noi abbiamo fatto cinque esposti sulle falsificazioni dei posti in terapia intensiva e sul flusso di dati su positivi e rapporto positivi-tamponi, abbiamo chiesto all’assessore Razza la rimozione del manager La Paglia perché eravamo nelle mani di nessuno, siamo stati l’unica città metropolitana con un commissario non nominato dalla Regione. Non ci hanno mai risposto e Messina, nonostante le mie strette, a gennaio è diventata zona rossa, la città col più alto tasso di positività d’Italia…»

Pare di capire che non lei faccia proprio il tifo per il ritorno di Razza.

«Le sue scuse sui “morti spalmati” non le accetto: sono tardive e ipocrite. Perché s’è dimesso? Perché da buon penalista temeva qualcosa di peggio dal quadro dell’inchiesta? Oppure perché s’è reso conto che ha sbagliato e dunque ha fatto una scelta di alto profilo morale? In entrambi gli scenari il quadro penale, in due mesi, non è cambiato. Perché oggi Musumeci richiama Razza in giunta? E mi chiedo a voce alta, citando i racconti del governatore, cosa si saranno detti lui e l’ex assessore, quel giorno, in un faccia a faccia cominciato alle 9 e durato tre ore dopo il quale sono arrivate le dimissioni? Poi c’è un profilo morale che riguarda anche me: nelle intercettazioni l’assessore e i suoi brigavano su come doveva essere “sedato” il sindaco di Messina. Mi fa schifo! E non lo dimenticherò».

Scateno-Joker contro Batman-Musumeci e Robin-Razza. Ma non le punge vaghezza di essere strumentalizzato, o peggio ancora usato per poi essere gettato, da chi è contro la ricandidatura del governatore?

«No, innanzitutto perché io sono il supereroe buono e loro i cattivi… Scherzi a parte, la invito a riflettere: la mia e quella di Musumeci, per ora, sono due autocandidature, sullo stesso piano. Non mi pare che nella coalizione si siano levati applausi né osanna per l’annunciato bis di Musumeci. Che dovrebbe mandare affanc… i quattro assessori centristi presenti al “patto del pacchero” su una federazione che deve ancora scegliere chi sarà il candidato. Anche Miccichè, dicendo che la ricandidatura di Musumeci non è più un dogma, è uscito allo scoperto…».

È consapevole che, candidandosi contro Musumeci, rischia di ripetere la spaccatura nel centrodestra che nel 2012 fece vincere Crocetta?

«Se il quadro di centrodestra, che non rinnego, vuole continuare sulla scia dell’incapacità di Musumeci, che con me e con Messina fa il “cecchino”, allora io sono in campo e mi gioco la partita fino in fondo. Non posso fare il sindaco con lo stesso governatore che è il responsabile del 50 per cento dei problemi della mia città. Altri cinque anni così? Pazzesco!».

Sa anche che deve dimettersi da sindaco sei mesi prima delle Regionali?

«Le do in anteprima la data delle dimissioni: il 18 marzo 2022, il giorno del mio cinquantesimo compleanno. Questo per farle capire come abbiamo già programmato tutto».

Magari le dimissioni, come in altri suoi show social, poi le ritirerà…

« Io ho 20 giorni di tempo per ritirarle. Vuole vedere che subito dopo che le presenterò si troverà una soluzione diversa da Musumeci? Un altro candidato adatto per una decantazione dopo il disastro, che è la mia unica condizione per non candidarmi».

Ha un identikit questa «soluzione»?

«Una persona d’esperienza, non estranea alla macchina. Uno che ha dimostrato di saper fare bene il sindaco di una grande città, un assessore regionale che s’è distinto per il suo lavoro. Insomma, una persona capace. Poi aggiungo un elemento personale: se magari fosse una persona di veneranda esperienza che mi consentisse di coniare lo slogan “cinque anni e non un giorno in più” sarebbe perfetta. Io completo i due mandati a Messina e nel 2027 tocca a me!»

Ma non sarebbe più facile, visto il feeling che c’è fra voi due, farsi imporre come candidato da Salvini?

«Con Salvini siamo spesso in sintonia, ma anche a lui ho detto che io nella vita ho ricevuto un solo battesimo: quello in chiesa. La mia strategia sarà la Sicilia sopra i partiti, con uno schema trasversale, visto che io non ho pregiudizi né a destra né a sinistra. Il tema è più ampio: non è solo la scelta del candidato governatore, ma il rinnovamento generale della politica siciliana. Nelle mie liste, per intenderci, non ci saranno deputati uscenti. Non voglio fare la brutta fotocopia di nessuno».

Ma non partirebbe in pole position. Ha messo in conto una brutta figura?

«La politica è bella perché è l’arte dell’impossibile. Quando, il primo aprile 2017, annunciai la mia candidatura a sindaco di Messina, fu considerata, fra pernacchie e sorrisetti trasversali, meno d’un pesce d’aprile. Ma che deve fare questo che è sindaco di Santa Teresa di Riva? La stessa cosa che diranno per la Regione, nei salotti buoni della politica siciliana. Mentre loro mi sfottono, io comincio la campagna elettorale».

Magari c’è chi non la sfotte, ma mette in dubbio che lei abbia il “physique du rôle” per governare la Sicilia.

«Io, che faccio il guascone e il provocatore, rivendico di essere un eccellente amministratore. Ho rivoltato Messina come un calzino. Ho ereditato 550 milioni di debiti e li ho ridotti a 150 in meno di tre anni. Eravamo all’ultimo posto d’Italia nella capacità di spesa dei Pon Metro e Masterplan e ora siamo rispettivamente primi e secondi. Dal mio insediamento la raccolta differenziata è salita dal 10 al 40%. E poi, con tutto il rispetto, la vittoria delle vittorie: il risanamento delle baracche, ottenuto grazie alle ordinanze farlocche che hanno fatto esplodere il caso a livello nazionale: ecco 100 milioni dopo un secolo».

Insomma, non ha paura di bruciarsi.

«Io dico sempre: intitolatemi piazze e non strade. Mi rendo conto che per il mio modo di essere e di fare, rischierei di fare una brutta fine, ma questo non mi preoccupa. Alla Regione ci vuole un presidente libero, non condizionabile, non battezzato da nessuno. E sono io. Se sono “Scateno”, lo sono fino in fondo».

Twitter: @MarioBarresi

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