Politica
«Il Pd di Catania batta un colpo», la riflessione su un’assenza “assordante”
Quale il ruolo del Pd a Catania? Ma la vera domanda è: esiste ancora un Pd in questa città? Sono questi gli interrogativi che attraversano molti degli esponenti che una volta rappresentavano lo storico partito leader della sinistra. Ora alla luce delle ultime parole del neo segretario nazionale Enrico Letta sulla necessità di riorganizzare un partito dalla base anche a Catania si è aperto un dibattito sul ruolo del partito democratico.
Con una lettera a interrogarsi è anche Otello Marilli, sino a poco tempo fa una delle figure della sinistra in città, molto vicino alle idee dell’ex sottosegretario democratico Giuseppe Berretta. Marilli si chiede come sia possibile aprire un dibattito sul futuro del Pd a Catania. «Le amministrative del 2018 hanno consegnato alla destra il governo della città, i risultati della amministrazione Pogliese sono disponibili al giudizio di ciascuno. Tuttavia, l’impressione che si ha è che a Catania si viva un confronto politico monco: l’assenza della sinistra, o del centrosinistra se preferite, dal dibattito politico dà la cifra di una crisi profonda che ha la sua immagine plastica nella scheda elettorale di tre anni fa quando non è stato presentato il simbolo del Pd. Sparito dalla scheda, sparito quasi dall’immaginario collettivo, chiuso nello scontro delle sue componenti e svuotato dalla scissione che ha portato via con sé i campioni del consenso giunti nel periodo renziano e che, a dirla tutta, non avevano alcun rapporto con il “sentimento ideale e storico” della sinistra etnea. Il Pd catanese avrebbe dovuto usare quella sconfitta per ripensarsi e per fare i conti con gli ultimi 25-30 anni di attività. Sia chiaro, il Pd a partire dal livello nazionale deve affrontare i nodi irrisolti delle sue ambiguità, però a Catania, se possibile, questi sembrano più inestricabili e maggiormente sclerotizzati. Ambiguità e ritardi che possono sintetizzarsi in queste domande: chi siamo e chi vogliamo rappresentare? Quale capacità di innovazione siamo in grado di mettere in campo anche rispetto ad esperienze che ci hanno visto vincenti nel passato? E in ultimo, perché non siamo in grado di far crescere una nuova classe dirigente?».
Quindi Marilli si rivolge all’assenza di una opposizione e si chiede: «Nella discussione sulla ripresa dopo la pandemia occorrerebbe che l’opposizione alla destra incalzasse quotidianamente il sindaco Pogliese e il suo entourage su come intende intervenire per prevenire lo scoppio di una bomba sociale che sembra inevitabile. Provo a fare una provocazione: il rischio della tenuta democratica e sociale della città non è dato, semplicemente, dalle formazioni politiche nostalgiche, ma dalla “fame”. Se non si mette al primo posto della riflessione e dell’agenda politica della sinistra questo tema l’uscita più semplice per la disperazione che monta non può che essere quella di chi indica un colpevole con cui prendersela o, peggio, quella delle scorciatoie al limite o oltre la legalità. Il Pd dovrebbe avere il coraggio di “occupare” questo spazio: siamo quelli che ritengono che Catania si può salvare se salva il lavoro, se garantisce la costruzione di una rete di protezione sociale per chi era fragile prima del Covid e di chi ci si è ritrovato a causa sua, siamo quelli che pensano che ogni singolo euro che arriva al comune debba andare alla costruzione di welfare locale (a cominciare dai servizi per l’infanzia). Catania si sta impoverendo sempre di più: chiudono aziende piccole e grandi; si sta impoverendo ancora di più un tessuto sociale che era già provato dalla fuga di intere generazioni letteralmente rimbalzate via dalla mancanza di prospettive della Sicilia. Rischiamo una crisi peggiore dopo la pandemia e non occorre essere buoni profeti per immaginare che sarà terreno fertile per speculazioni e interessi della criminalità organizzata. Il timore più grande è che mentre sarebbe necessario costruire la Catania del 2050, la città ritorni indietro di 50 anni. La disfatta del 2018 – conclude l’esponente democratico – avrebbe dovuto accelerare un processo di rinnovamento e di cambiamento, ma al momento non pare che sia così: il tempo scorre veloce, ma forse non tutto è perduto se qualcuno troverà il coraggio di farsi avanti e provare a fare una rivoluzione».
Il dibattito è aperto. Sotto a chi tocca.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA