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La Nasa rilancia “l’uomo delle stelle”: è il palermitano Emanuele Greco

Di Nino Arena |

Stelle tante, sogni uno, anzi due in un angolo segreto: «Dovrò andare fuori, ma spero per poco: è in Sicilia che voglio fare il ricercatore. E – aggiunge – costruire presto una famiglia». C’è anche questo nella mente di Emanuele Greco, l’astrofisico palermitano che a 26 anni ha meritato l’interesse dalla Nasa per la sua scoperta. Uno scienziato “acqua e sapone”, capace di avvicinare la nostra isola all’Universo. E’ lui che ha rivelato al mondo scientifico uno dei “segreti” di SN1987A, la supernova più studiata, la più brillante e vicina alla Terra, nella Grande Nube di Magellano a circa 170mila anni luce da noi. Una… star del firmamento, insomma, la cui performance – la nascita stella di neutroni “nascosta” in una supernova collassata – Emanuele Greco, dottorando dell’Università di Palermo e associato Inaf (Istituto nazionale di Astrofisica) ha descritto in un articolo comparso di recente sulla rivista The Astrophysical Journal rilanciato dalla Nasa.

Dell’elaborato Greco è prima firma, ma il lavoro è stato redatto con il contributo di altri colleghi dell’ateneo palermitano (Marco Miceli e Giovanni Peres) e dell’Osservatorio astronomico Inaf (Salvatore Orlando) e degli scienziati giapponesi dell’Università di Kyushu e del centro di ricerca Riken. «Noi – commenta il ricercatore – ci siamo occupati più delle osservazioni, loro più dell’aspetto teorico». Greco e gli altri scienziati hanno esaminato la supernova osservata la notte tra il 23 e il 24 febbraio 1987 la cui esplosione è stata talmente energetica da essere visibile per qualche tempo persino a occhio nudo. In 34 anni, SN1987A è stata indagata in ogni dettaglio. In particolare, non era chiaro se l’esplosione avesse portato alla formazione di un buco nero o di una stella di neutroni, prevista dai modelli di supernova. Ma ora «grazie a dati raccolti dai telescopi spaziali – osserva Greco – è stata trovata la prova della presenza di una stella di neutroni al centro del resto di supernova».

La scoperta è stata possibile con i telescopi spaziali Chandra X-ray Observatory e Nustar, entrambi della Nasa.

«Luminose e intermittenti come dei fari cosmici, le stelle di neutroni non sono altro che resti compatti derivati da potenti esplosioni di supernova composti da materiali estremamente densi e la cui struttura è sostenuta dalla pressione di neutroni liberi. Si tratta – spiega l’Inaf- di oggetti dotati di un’altissima densità e di un campo gravitazionale superficiale cento miliardi di volte più intenso di quello della Terra. Le stelle di neutroni vengono chiamate anche “stelle degeneri” e si formano quando il nucleo di una stella massiccia collassa. Grazie ai loro forti campi magnetici e alla loro rapida rotazione, questi oggetti emettono in tutte le bande della radiazione elettromagnetica e possono produrre una pulsar wind nebula, ossia una nebulosa altamente energetica alimentata dalla pulsar al suo interno. Sarebbe questo, quindi, l’oggetto misterioso trovato dai ricercatori al centro del resto di supernova SN1987A».

I dati di Chandra e Nustar, sottolinea l’Inaf, avvalorano un risultato del 2019 ottenuto con l’Atacama large millimeter array (Alma). Se quella al centro di SN1987A fosse davvero una stella di neutroni, o pulsar, sarebbe la più giovane mai trovata. «Ciò che abbia mo fatto – spiga ancora il giovane scienziato palermitano – è stato analizzare i dati di SN1987A raccolti dai telescopi poiché in que sta banda l’assorbimento del materiale freddo è molto ridotto. Abbiamo identificato un segnale compatibile con quello di una pulsar wind nebula. Questo rappresenta il primo forte indizio dell’effettiva esistenza della pulsar di 1987A e sarà di cruciale importanza monitorare come la radiazione emessa cambi col passare degli anni».

Il team ha trovato prove di particelle ad alta energia che si muovono a spirale attorno a linee di campo magnetico. Riguardo l’origine di questa emissione di raggi X, i ricercatori sottolineano che le possibili spiegazioni sono due: «Una pulsar wind nebula oppure dalle particelle che vengono accelerate dall’onda d’urto generata dall’esplosione della supernova. Quest’ultimo scenario non richiede la presenza di una pulsar e si verifica al bordo estremo del resto di supernova».

Un risultato importante, al quale si è giunti con un lavoro certosino «maturato negli ultimi cinque mesi ma condizionato meno di altri dal lockdown in quanto si basa principalmente sul lavoro al computer. Tuttavia le sessioni di discussione, di interazione e di confronmto delle idee fatte per via telematica sono meno efficienti di quelle di persona e rallentano un po’ il lavoro». Non è mancato, però, il feedback: «A livello scientifico è un passo importante e sapevamo – osserva il dott. Greco – che la comunità lo avrebbe esaminato con attenzione, ma non ci aspettavamo la rilevanza mediatica, le telefonate dei giornalisti, i collegamenti televisivi. Come lo spiego? Con il fatto che è la prima supernova che riusciamo a osservare, la precedente risale a 400 anni fa, quando non c’eravamo noi né c’erano gli strumenti per osservarla».

Ma la notizia del “gradimento” giunto dalla Nasa non si è fermato alla sfera professionale, ha rotto gli schemi della riservatezza e invaso anche quella privata: «Mia madre – racconta l’astrofisico – è una donna di scienza, era molto entusiasta ma moderata… mio padre è un avvocato è ha accolto la cosa con un grandissimo entusiasmo, “ora che la Nasa ha citato mio figlio, ha detto, la vita mi ha dato tutto”. I miei amici ovviamente mi hanno sfottuto dicendo “vabbè ora vattene che non ti vogliamo più qua” però ovviamente erano tutti molto contenti… è stata una bella settimana».

Domani, però sarà già un altro giorno e il giovane ricercatore si ritroverà come sempre all’incrocio pericoloso tra incertezza e rivelazione, tra precariato e successo. «Un conflitto continuo – afferma – vorrei avere un po’ di stabilità per mettere su famiglia e iniziare a programmare il futuro con la mia fidanzata, però devi dimostrare nel tempo di essere un buon ricercatore, di essere capace di fare bene il tuo lavoro. Un continuo conflitto tra questi due aspetti anche perché per avere più possibilità di emergere devi andare fuori e confrontarti con altri a livello umano e scientifico. La vita quotidiana di un ricercatore è fatta di imprecazioni, attese, sconfitte: basta immaginare che di solito ogni sei, sette mesi si produce un lavoro, quindi chissà quante volte si sbaglia prima di arrivare al lavoro il più preciso possibile, ma tanto nella scienza i lavori definitivi non si avranno mai perché la scienza è vera fino a prova contraria, quindi il tempo che tu dedichi deve essere ben speso, ma richiede un impegno continuo e devi superare difficoltà e ostacoli tutti i giorni. E’ una frase fatta, però è veramente così.

«E questa altalena di emozioni, che fa parte del lavoro e fa parte della vita aggiunge Emanuele – io voglio viverla nella terra in cui sono nato, che in tanti campi della ricerca è allo stesso livello di Paesi e regioni più blasonati».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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