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La Sicilia sarà l’isola delle Venezie: nel 2100 alcune aree sommerse dal mare

Di Daniele Ditta |

Nel 2100, a causa dei cambiamenti climatici del pianeta, le coste della Sicilia sud-orientale potrebbero essere sommerse dal mare, con una perdita presunta di circa 10 chilometri quadrati di superficie. Lo sostiene uno studio realizzato nell’ambito del progetto “Pianeta dinamico” che il ministero della Ricerca e dell’Università ha finanziato all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv).

Lo studio – che l’Ingv ha svolto in collaborazione con l’Università Catania, quella di Bari e con la Radboud University in Olanda – è stato appena pubblicato sulla rivista internazionale “Remote Sensing”. Dopo il 1880 il livello del mare è aumentato di 14-17 centimetri ed oggi sta accelerando, salendo alla velocità di oltre 30 centimetri al secolo. Dati che mettono in allarme i ricercatori, già preoccupati per il riscaldamento climatico globale che sta causando la fusione dei ghiacci continentali e l’espansione termica degli oceani. Un trend confermato dall’ultimo rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), che ha provato le relazioni tra gas serra, aumento delle temperature globali e del livello marino: fattori che si ripercuotono pure sulle coste della Sicilia. «In particolare – ha spiegato Giovanni Scicchitano, professore associato di Geomorfologia presso il dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari – se non verranno ridotte le emissioni di gas serra, il livello del mare potrebbe salire anche di 1,1 metri nel 2100 e di vari metri nei due-tre secoli successivi, con conseguente impatto sulle coste. Ma quelle basse e subsidenti, cioè dove la superficie terrestre si muove verso il basso per cause naturali o antropiche, possono accelerare il processo di invasione marina. Per queste ragioni abbiamo realizzato uno studio sugli scenari attesi lungo le coste della Sicilia orientale per il 2050 e il 2100».

L’area è ben conosciuta dal team di ricercatori già dai tempi del terremoto di Augusta del 13 dicembre 1990. Con diversi studi multidisciplinari, gli scienziati hanno ipotizzato gli effetti dei movimenti del suolo e quelli dovuti all’innalzamento del livello del mare lungo la fascia costiera. «Abbiamo calcolato le proiezioni dell’aumento del livello marino per differenti scenari climatici e sulla base di vari parametri emessi dall’Ipcc o calcolati in questo studio, tra cui l’espansione termica del mare, la fusione dei ghiacci, la concentrazione di gas serra in atmosfera e i movimenti verticali del suolo – ha detto Marco Anzidei, ricercatore dell’Ingv e primo autore della ricerca –. Assieme ai ricercatori Ingv Cristiano Tolomei, Christian Bignami ed Enrico Serpelloni, abbiamo valutato le deformazioni del suolo con dati spaziali, informazioni indispensabili per realizzare mappe ad alta risoluzione delle aree che saranno potenzialmente allagate nel 2050 e nel 2100. Nello studio delle coste della Sicilia orientale abbiamo usato dati satellitari per calcolare la velocità di subsidenza e l’arretramento della costa, dati mareografici per l’andamento del livello marino e modelli digitali ad alta risoluzione della superficie del suolo lungo la fascia costiera, calibrati con campagne di rilievo topografico di alta precisione. Nel calcolo, abbiamo considerato gli effetti della tettonica regionale e della subsidenza utilizzando tecniche spaziali che includono le reti di stazioni Gps permanenti dell’Ingv e i dati provenienti dai satelliti interferometrici Sentinel. Queste analisi ci hanno permesso di valutare gli scenari in sei zone costiere: la parte meridionale della piana di Catania, i porti di Augusta e Siracusa, la foce dell’Asinaro, Vendicari e Marzamemi».

Queste aree sono state scelte perché assumono particolare importanza nei settori dell’agricoltura, del commercio, dell’industria e perché sono rilevanti dal punto di vista ambientale e turistico. «I risultati per la piana di Catania – ha argomentato Carmelo Monaco, ordinario di Geologia strutturale presso il dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università etnea – indicano che nel 2021, nell’area compresa tra i fiumi Simeto e San Leonardo, il mare potrebbe invadere la zona depressa per diverse centinaia di metri. Nel porto di Augusta alcune aree industriali potrebbero essere coinvolte. Mentre il porto di Siracusa più d’altri soffrirebbe di un potenziale innalzamento del livello del mare: secondo le nostre proiezioni, infatti, la zona della foce del fiume Ciane potrebbe essere invasa dal mare per una estensione fino a un chilometro nell’entroterra rispetto l’attuale linea di riva. Le saline del fiume Ciane, attualmente Riserva naturale orientata, che negli ultimi anni hanno già subito un arretramento misurato da dati satellitari di circa 70 metri, verrebbero totalmente sommerse. Sorte simile potrebbe toccare alla riserva di Vendicari, le cui aree umide potrebbero sparire lasciando sparse isole relitte».

Uno scenario a tinte fosche per il territorio che, a causa del riscaldamento globale, potrebbe essere flagellato anche dalle tempeste. Un fenomeno quest’ultimo al centro di un altro studio condotto dalle Università di Bari e Catania con l’area marina protetta del Plemmirio. «Abbiamo verificato che negli ultimi anni gli uragani mediterranei, conosciuti come “medicane”, hanno colpito le coste della Sicilia sud orientale e hanno prodotto effetti più intensi rispetto a quelli delle normali tempeste stagionali avvenute nell’ultimo decennio. Pertanto – hanno concluso i ricercatori – con un livello del mare più alto gli effetti di eventi meteomarini estremi verrebbero amplificati».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA