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Gli abusi del parroco di Enna: i nuovi indizi e le omissioni del vescovo

Di Tiziana Tavella |

ENNA – Un «pericolo concreto di reiterazione di analoghi fatti di reato» ha portato il Gip di Enna, Maria Luisa Bruno, ad accogliere la richiesta di arresti domiciliari per don Giuseppe Rugolo. È l’input dalla Procura di Enna che sta coordinando l’inchiesta condotta dalla polizia su abusi sessuali su minori (che si sarebbero compiuti quando il prete era ancora seminarista ma anche quando era stato già ordinato sacerdote), nata dopo l’esposto di un giovane su fatti avvenuti fra il 2009 e il 2013, e che ha portato ad individuare altre due presunte vittime.

Dall’ordinanza emergere «l’inclinazione a cedere alle pulsioni sessuali in maniera incondizionata, ossia senza timore delle conseguenze delle sue azioni – che pur avevano trovato una certa stigmatizzazione nell’indagine canonica aperta a suo carico e nel trasferimento in altra diocesi- oltre che in spregio ai principi del culto del quale è ministro».

Già poche ore dopo l’esecuzione della misura cautelare, il procuratore di Enna, Massimo Palmeri, aveva rivolto un appello ad eventuali altre vittime a raccontare quanto subito, e ieri sera la richiesta a farsi avanti è stato ribadita dal capo della Squadra Mobile, Antonino Ciavola durante la trasmissione Chi l’ha visto.

Tra il materiale portato a galla dagli uomini della polizia postale ci sarebbero numerose immagini di nudo maschile scaricate dal web e sarebbero stati individuati altrettanto numerosi accessi a siti con contenuti per adulti. Ancora emergono altri particolari dall’inchiesta che confermano che il vescovo della Diocesi di Piazza Armerina, Rosario Gisana sapeva delle violenze subite dal minore e che lo stesso Rugolo era stato costretto ad ammetterlo. Gisana lo avrebbe confermato nel corso della sua audizione come persona informata sui fatti ai pm Stefania Leonte e Orazio Longo che seguono l’inchiesta. Il vescovo avrebbe riferito di avere avviato «l’indagine previa» perché ci sarebbe stata una forma di ammissione ma si trattava di un seminarista e da lì sarebbe quindi partita l’archiviazione per difetto di competenza.

Le omissioni nella Chiesa sarebbero state continue, di fronte alle richieste di ascolto e intervento rivolte dal giovane, che ha poi denunciato lo scorso dicembre, a più preti. Tra gli episodi raccontati dal ragazzo , che avrebbe voluto inizialmente entrare in seminario, quello di un confronto con un sacerdote proprio sul percorso spirituale per capire se fosse pronto o meno. In quella occasione avrebbe raccontato quanto accaduto, perché il peso era troppo grande da tenere dentro, dicendo anche che il padre avrebbe voluto ricorrere alla magistratura, ottenendo come consiglio quello di dimenticare e di non informare il vescovo.

Soltanto dopo sarebbe riuscito a fare partite l’indagine previa che venne affidata a due preti del tribunale ecclesiastico di Palermo. Ma il giovane non si è mai fermato negli anni , e ha inviato anche una lettera a Papa Francesco poco prima di rivolgersi alla magistratura, in cui raccontava il doloroso vissuto. Lettera che avrebbe sortito non soltanto l’effetto di fare arrivare una richiesta di chiarimenti alla Diocesi di Piazza Armerina, ma anche a una attenzione da parte del Vaticano sulle scelte attuate dal vescovo per il “caso Rugolo”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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