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Diciotto anni, zampogna e tamburello: giovani che grazie al passato guardano al futuro
CATANIA – Commozione, tanta. Mista ad una profonda curiosità. Eccolo il mix di sentimenti che il suono delle zampogne e del tamburello siciliano crea a coloro che li ascoltano: per gli “anta” è un tuffo nel passato mentre per gli “enti” e la scoperta di atmosfere mai conosciute prima. L’orgoglio per gli zampognari di mostrare le tradizioni di una terra ormai lontana. Sono loro gli indiscussi protagonisti delle tradizioni natalizie siciliane. Riccardo e Luca Conte sono appena diciottenni e fratelli gemelli. Insieme a loro c’è Padre Stefano Panebianco della Parrocchia di San Nicolò ad Aci Catena in provincia di Catania. Uniti formano un trio che meglio descrive l’essenza ed i valori natalizi sviluppati nei secoli alle pendici dell’Etna.
«Tutto è nato ascoltando artisti del calibro di Mario Incudine o dei Lautari- spiega Riccardo, studente del “Politecnico del Mare” Duca degli Abruzzi- la nostra soddisfazione più grande è vedere l’interesse che riscuotiamo tra i miei compagni di scuola. Siamo noi i siciliani del domani e dobbiamo tenere in vita i ricordi di una terra che ormai non esiste più. Si tratta di musiche che rappresentano testimonianze del passato che vanno assolutamente riscoperte». Accanto a lui, il fratello Luca che suona il tamburello siciliano. «Abbiamo avuto la fortuna di avere insegnanti, come il Maestro Fiatista Carmelo Colajanni e l’artista Francesca Incudine, che ci hanno seguito passo dopo passo. Fedeli alla tradizione non utilizziamo nessun tipo di spartito ma suoniamo “ad orecchio” e facendo molta pratica».
Narrare di festività, di vita ordinaria e tradizioni natalizie tramandate dai nonni dei nostri nonni. Una Sicilia con quelle atmosfere, quelle sensazioni, quegli odori e persino quei paesaggi che diventano universo intorno a cui ruota la volontà di riscoprire un mondo nuovo e allo stesso tempo antico. Trovarsi nel passato, vivere nel presente ed essere proiettati nel futuro perché tenere in vita le tradizioni siciliane è importante. Farlo con uno strumento in mano, cantando la quotidianità di una terra che non esiste più, è meglio.
«L’oratorio di San Nicolò diventa il punto focale di tutto – dice Padre Stefano Panebianco – il fulcro in cui, oltre alla formazione spirituale dei ragazzi, curiamo anche l’aspetto artistico ed umano cercando di valorizzare tutte le loro potenzialità. Riscoprire le proprie radici è fondamentale per un progetto che ha solide basi, ed è fondato su un principio chiarissimo, cerchiato di tradizione e riscoperta una filosofia di vita che sa tanto di marchio di fabbrica. Volendo potremo definirlo una svolta nell’ambito culturale perché da queste canzoni ed interpretazioni comincia il percorso virtuoso di riscoperta e valorizzazione di un patrimonio che appartiene a tutti noi».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA