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Palermo, in cella l’amico di Miccoli figlio del boss Antonio Lauricella

Palermo, in cella l’amico di Miccoli figlio del boss Antonio Lauricella

L’ex bomber rosanero avrebbe incaricato Mauro Lauricella di recuperare alcuni crediti e quest’ultimo avrebbe utilizzato metodi mafiosi per avere il denaro

Di Redazione |

PALERMO – La Dia di Palermo ha arrestato Mauro Lauricella, 33 anni, figlio del boss mafioso Antonino Lauricello detto “U Scintilluni”, e Gioacchino Alioto, 62 anni, mafioso, accusati di estorsione aggravata nell’ambito dell’inchiesta in cui, per lo stesso reato, è indagato il calciatore del Lecce, ex bomber del Palermo, Fabrizio Miccoli. Il giocatore avrebbe incaricato Mauro Lauricella di recuperare alcuni crediti e questi, con la complicità di Alioto, avrebbero estorto, con i metodi classici dell’associazione mafiosa, diverse migliaia di euro a uno degli imprenditori, tenendo per sé la gran parte del denaro.   Il credito – dicono gli investigatori della Dia – sarebbe stato vantato<![CDATA[ da un ex fisioterapista del Palermo calcio e Miccoli avrebbe fatto da tramite con Alioto e Lauricella – di cui era grande amico – per recuperare i soldi che dovevano alcuni soci della discoteca Paparazzi di Isola delle Femmine (Pa). Lauricella e Alioto avrebbero incontrato, nel 2010, uno dei soci della discoteca in un locale in piazza Kalsa, alla presenza di altri mafiosi, e con metodi tipici dell’associazione mafiosa, avrebbero estorto migliaia di euro all’imprenditore. «Le accuse – dice la Dia – sono frutto di una minuziosa e articolata attività di riscontro seguitasi negli anni e che continua tuttora al fine di verificare eventuali comportamenti illeciti realizzati dagli indagati».   Alioto, detto Zu Gino, venne citato per la prima volta dal pentito Tommaso Buscetta come uomo al soldo delle famiglie mafiose Sinagra, Spadaro e Marchese. Ha un lungo curriculum criminale: traffico di droga, estorsione, porto abusivo di arma.   Le indagini su Mauro Lauricella partono invece dall’inchiesta che portò in carcere il padre nel 2011. Intercettando Mauro Lauricella, gli investigatori sentono una conversazione tra lui e Fabrizio Miccoli (che è indagato per estorsione aggravata), a quei tempi (il 22 giugno nel 2010) capitano del Palermo, in cui il giocatore chiede al figlio del boss di occuparsi del recupero di somme dal titolare della discoteca Paparazzi di Isola delle Femmine (Pa). Il giocatore si è difeso davanti ai pm dicendo di avere contattato Luricella solo perché lui conosceva tutti i gestori delle discoteche.   «Senti una cosa Mauro – dice Miccoli a Lauricella nel 2010 – eh… i primi di luglio poi quando vengo, dobbiamo andare a parlare con sto qua. Eh, andiamo io, tu e lui andiamo, ci andiamo a mangiare una cosa a cena e poi… poi quando ci vediamo… capito parliamo un attimo! Va bene? Allora io appena scendo a Palermo ti chiamo, noi ci vediamo da soli io e te, ti spiego un po’ come è la situazione, perché non dobbiamo parlare solo della situazione mia, c’è un’altra cosa, poi ne parliamo di persona… poi andiamo a cena con questo qua e, gli diciamo le cose come stanno! Va boh? ». «Va bene – gli risponde Lauricella – te la sbrigo io appena scendi, capito? ».   Miccoli ha detto ai pm che lo hanno interrogato il 23 giugno del 2013: «Non sapevo dove andare perché io non ho mai frequentato discoteche… il primo a cui ho pensato è stato Mauro». Po sarebbe stato Mauro Lauricella a chiamare in causa “gli amici di papà”, ovvero il mafioso Gioacchino Alioto per risolvere la questione legata al recupero dei crediti vantati dall’ex fisioterapista del Palermo calcio.   I pm fanno cenno anche a un altro episodio, non oggetto di contestazione. Miccoli, secondo gli inquirenti, si sarebbe rivolto a Lauricella anche per una divergenza con il suo ex padrone di casa. In quell’occasione Miccoli contattò l’avvocato, ma non riuscendo a trovare una soluzione ne parlò con il suo amico Lauricella che sarebbe poi intervenuto, secondo quanto spiegato dal giocatore, a sua insaputa, presso l’ex padrone di casa. L’uomo ricevette in casa una testa di capretto, classico simbolo di intimidazione in stile mafioso. Le indagini non hanno ancora appurato chi mandò il “messaggio”.

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