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Catania, il pg conferma le accusedi mafia al “re dei supermercati”

Catania, il pg conferma le accuse di mafia al “re dei supermercati”

La requisitoria al processo d’appello bis contro l’imprenditore Sebastiano Scuto. Per il procuratore generale, la Cassazione «non ha escluso l’associazione mafiosa»

Di Orazio Provini |

CATANIA – Per l’accusa nessun passo indietro. Il sostituto procuratore generale Gaetano Siscaro conferma l’impianto accusatorio che in primo e secondo grado è costato dodici anni di reclusione all’imprenditore Sebastiano Scuto; il re della grande distribuzione alimentare in Sicilia, l’uomo che ha segnato la storia dei grandi discount, raccogliendo nel tempo anche consensi e numerosi riconoscimenti per la sua attività. Il creatore dell’Aligrup, a capo del marchio Despar sul territorio, è accusato di associazione mafiosa e di essere referente del clan Laudani. Un processo lungo a articolato, a tratti sofferto, che ha portato alla condanna e a ingenti sequestri e confische, scandito anche dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e da tante tappe processuali.

Fino all’attuale fase che ha rimandato la palla in corte d’Appello, presidente giudice Quartararo, dopo il pronunciamento della Cassazione che ha eccepito su alcuni punti del procedimento in relazione all’espansione delle attività di Scuto in Sicilia occidentale.

Ieri la requisitoria di Siscaro che ha scandito le tappe della vicenda, ricostruendo e rimarcando quelle che sarebbero a suo dire le eccezioni della Cassazione che «non ha escluso però l’associazione mafiosa – ha sottolineato il procuratore – sostenendo l’impianto accusatorio». I giudici della Cassazione scrivono infatti nella sentenza del giugno del 2014, ha ribadito il magistrato, «che l’imprenditore non fosse vittima dell’associazione di tipo mafioso, dal momento che il ricorrente non si limitava a subire passivamente le intimidazioni volte a ottenere un contributo economico provenienti di volta in volta dal clan, ma veniva a patti con il sodalizio rendendosi disponibile non solo a versare somme di denaro, ma anche a reinvestire capitali e merci di provenienza illecita nelle proprie imprese, traendone indubbi vantaggi con la protezione del clan da rapine ed estorsioni nei suoi punti vendita».

«Sarebbe quindi stata favorita anche la posizione predominante sul mercato del gruppo facente capo all’imprenditore, con tutti i vantaggi e i benefici che da essa scaturirono in termini di profitti e di vantaggi per la famiglia, per l’attività e per i soci».

E sull’apertura delle attività nel palermitano occorre stabilire meglio e quanto più precisamente, se ci furono e in che termini, sostegno e collusioni con le organizzazioni mafiose locali.

Non sono mancati ieri anche alcuni momenti di tensione durante la requisitoria: nello specifico quando Siscaro ha rimarcato che «Scuto si fosse più volte prestato anche a finanziare con i soldi delle sue aziende l’acquisto di droga e armi del clan».

«Non è vero – ha detto alzando la voce seduto tra i banchi del pubblico lo stesso Scuto che assisteva all’udienza – è una vergogna», allontanandosi subito dopo per alcuni minuti dall’aula. Il prossimo 8 ottobre le repliche degli avvocati difensori Giovanni Grasso e Guido Ziccone.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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