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Scoperta l’autostrada dell’antichità: collegava Siracusa a Selinunte

Scoperta l’autostrada dell’antichità: collegava Siracusa a Selinunte

Fu costruita dai greci per raggiungere le colonie Akrai e Kasmenai e ancora Gela e Akragas

Di Isabella Di Bartolo |

SIRACUSA – L’autostrada dell’antichità torna alla luce. Sulle orme di Paolo Orsi, nuove indagini testimoniano l’esistenza di una sorta di superstrada costruita dai Greci per collegare la città di Siracusa alle sue colonie Akrai e Kasmenai e ancora a Gela e Akragas fino, appunto, a Selinunte. Si tratta della seconda arteria stradale più importante della Sicilia sudorientale antica, dopo la via Elorina che collegava Siracusa a Eloro, nei pressi dell’attuale Noto. Quest’ultima si snodava verso est, mentre la via Selinuntina conduceva a ovest. Era attraverso queste vie di collegamento che gli antichi abitanti delle città siciliane di epoca greca si dedicavano agli scambi commerciali o si spostavano per ragioni strategiche e belliche. Strade percorse a piedi o da carri trainati dai buoi di cui restano, perfettamente visibili, le tracce dei solchi scavati dal passaggio delle ruote. E proprio i resti di carraie antiche sono stati individuati in un’area archeologica aretusea: Cozzo Pantano.   L’indagine è scaturita a seguito di uno studio dedicato proprio a questo sito che si trova alle porte di Siracusa. Qui Paolo Orsi trovò i resti di una necropoli appartenente all’età preistorica e usata sino in epoca precoloniale, dunque prima dell’arrivo dei Greci che da Corinto vennero a fondare la città di Siracusa nel 734 a. C. Era il 1893 quando davanti all’archeologo di Rovereto si presentarono i resti di 50 tombe a grotticella artificiale (scavate nella roccia) e a forma di tholos, ovvero circolari. «Tombe databili all’età del Bronzo medio – dicono gli archeologi Davide Tanasi e Giancarlo Germanà che stanno curando lo studio basandosi sui ritrovamenti di Orsi – e che testimoniano come il sito di Cozzo del Pantano, ritenuto “minore”, rappresenti un importante luogo della cultura di Thapsos nel territorio siracusano. Secondo solo allo stesso Thapsos, anzi, come testimoniano i ricchi corredi delle tombe che includono, oltre alle ceramiche indigene, ceramiche di importazione micenea e maltese».   Le tombe di Cozzo Pantano vennero dunque usate in epoca preistorica e, in età greca, nuovamente riutilizzate. «È questo un aspetto certo di grande interesse – proseguono gli archeologi – anche perché le tombe, ancora dopo, vennero riaperte e usate per seppellire i morti di epoca romana e di età successiva. Vuol dire che certamente questo sito, sebbene fosse periferico, era frequentato e ciò viene dimostrato dal fatto che era attraversato dall’importante arteria di collegamento del cui tracciato abbiamo rinvenuto i resti». I siracusani di epoca greca, dunque, percorrevano la via Selinuntina per recarsi ad Akrai o Kasmene (e viceversa) e passavano da quest’altura, a Cozzo Pantano, fuori dall’abitato ma conosciuta così come la sua necropoli preistorica che rimase cimitero anche in età più tarda.   Tanasi, docente all’Arcadia University, sta lavorando alla riedizione dello scavo di Orsi partendo proprio dagli oltre 200 reperti raccolti dall’archeologo alla fine dell’Ottocento e custoditi nei magazzini del Museo archeologico regionale “Paolo Orsi”. Qui si trovano gli oggetti rinvenuti da Orsi a Cozzo Pantano e solo in parte descritti in una pubblicazione scientifica. L’esame dei materiali di età greca è affidata a Giancarlo Germanà, docente all’Accademia di Belle arti di Catania. Dopo una pubblicazione preliminare di Orsi, il sito non fu più oggetto di indagini e i pochi materiali dell’età del Bronzo medio in esposizione al museo di viale Teocrito hanno contribuito a dare un’idea generale di una scarsa importanza. «Invece il sito di Cozzo Pantano non è affatto minore», dicono Tanasi e Germanà. Che spiegano: «Appare piuttosto verosimile identificare questa strada con la via Selinuntina, già esistente in età greca: la strada, partendo da Siracusa, passava da Akrai e proseguiva per Gela, Agrigento ed Heraclea per arrivare fino a Selinunte. Saranno successivamente i Romani a prolungarla fino a Lilibeo come si può vedere nell’Itinerarium Antonini: una preziosa carta geografica di età tardoantica, in cui è descritta come la principale strada meridionale dell’Isola».

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