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Caso Catania, gli indagati sapevano

Caso Catania, gli indagati sapevano di essere intercettati ma parlavano lo stesso

Tanti particolari nelle pieghe della richiesta di custodia cautelare

Di Redazione |

CATANIA – C’è qualcosa che non quadra nella bufera scoppiata sul Catania. Qualcosa che è legata alla leggerezza con cui il disegno criminoso di cui parlano i magistrati della Procura di Catania, viene di fatto consumato parlando ininterrottamente per mesi al telefono. Prima di arrivare, come spiega la richiesta di applicazione di misura cautelare personale al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania inviata dal Pm, «a riscontri visivi e video-fotografici effettuati dagli investigatori sul territorio e alla localizzazione degli spostamenti degli indagati monitorati attraverso i sistemi Gps allocati sulle autovetture agli stessi», l’indagine parte dalle intercettazioni delle utenze telefoniche del presidente del Catania e dell’amministratore delegato. E i due sapevano benissimo di avere i cellulari sotto controllo perché, com’è noto, erano stati loro a denunciare le minacce che avrebbero ricevuto con l’invio di proiettili in una busta.  

Dunque sapevano, ma se ne fregavano? Possibile? Ma andiamo con ordine. Ecco cosa scrive il Pm nel Capitolo 2: l’identificazione degli indagati, le metodologie d‘identificazione e l’interpretazione del linguaggio criptato.  

«Nel corso dell’attività d’indagine venivano captate diverse conversazioni dal tenore e dal contenuto inequivocabili circa l’illecita attività delinquenziale posta in essere dagli indagati. Numerosi erano gli elementi che consentivano di riferire con certezza le telefonate e le conversazioni intercettate ai soggetti di volta in volta identificati e menzionati. Innanzitutto, l’arco temporale in cui venivano eseguite le intercettazioni consentiva agli operatori di polizia addetti all’ascolto di avere dimestichezza con le voci dei singoli conversanti, con le particolarità della cadenza e dell’inflessione dialettale di ciascuno di essi, l’uso continuo di termini linguistici distintivi nonché espressioni non comuni da parte di ciascuno dei singoli soggetti. Per giungere alla certa identificazione degli intercettati venivano comunque incrociati e confrontati diversi seguenti criteri:    

L’INTESTAZIONE O L’USO ABITUALE DELLE UTENZE. 

«Un primo criterio utilizzato era quello dell’intestazione anagrafica o dell’uso abituale delle utenze interessate al colloquio. Si trattava di un criterio rigoroso, posto che della propria utenza telefonica, normalmente, ne fa uso l’intestatario ovvero un componente del suo nucleo familiare. Nella presente indagine gli accertamenti sulle utenze telefoniche utilizzate per contattare quelle monitorate consentivano di identificare compiutamente i vari interlocutori venuti a contatto con gli indagati, sia perché sono risultati gli intestatari e /o utilizzatori della scheda telefonica, sia perché legati da vincoli di parentela agli intestatari medesimi».    

Insomma per comprare le partite e per scommetterci su l’organizzazione aveva pensato bene di utilizzare i cellulari personali, quelli abitualmente utilizzati, da loro o da parenti. Strano, se solo si pensa che nello scandalo della Juventus e di Moggi uno degli aspetti ricorrenti era quello di utilizzare per gli scopi perseguiti decine o centinaia di schede, quasi sempre di gestori stranieri, forniti a tutti coloro i quali rientravano nel progetto. Usa e getta. Loro no, parlavano dai telefonini come se nulla fosse.    

CAPITOLO 1 – LE PRIME INDAGINI E LA GENESI DEL PROCEDIMENTO.

Polli? Trionfo dell’arroganza? Superficialità? Smemoratezza? Bah. Probabilmente nello stendere l’atto di accusa lo stesso Pm deve essere rimasto piuttosto sorpreso. Lo è quando attacca così il Capitolo 1.  

«La presente indagine trae origine dalla notizia di reato rappresentata dal contenuto delle conversazioni oggetto dell’attività tecnica di intercettazione autorizzata nell’ambito del procedimento penale n. 462/15 Mod. 44 e finalizzata ad identificare gli autori di condotte intimidatorie ed estorsive poste in essere ai danni di PULVIRENTI Antonino, Presidente del “Calcio Catania s. p. a. ”, e di COSENTINO Pablo Gustavo, amministratore delegato della medesima società. I predetti, invero, risultavano essere soggetti passivi e persone offese di una condotta di tentata estorsione e minaccia aggravata verosimilmente finalizzata a costringerli a cedere a terzi la proprietà della società calcistica etnea visti i deludenti risultati ottenuti nell’ambito del campionato di calcio di Serie B ove la squadra del Catania Calcio militava nelle ultime posizioni di classifica con la prospettiva di essere retrocessa nella serie inferiore (Lega Pro).    

Pertanto, in data 26.03.2015, veniva avviata la menzionata attività tecnica di intercettazione telefonica sull’utenza di PULVIRENTI Antonino dal cui successivo sviluppo ed approfondimento emergevano immediatamente elementi che conducevano a ritenere esistente ed operante un’associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di un programma criminoso indeterminato ed un numero indefinito di delitti di frode nelle competizioni sportive in cui era impegnato il “Calcio Catania”, e della quale proprio il Presidente PU LVIRENTI ne costituiva il capo e promotore.  

La sussistenza della consorteria criminale in parola veniva accertata mediante attività investigativa costituita:

  • dal contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate;  
  • da riscontri visivi e video-fotografici effettuati da personale dipendente sul territorio;  
  • dalla localizzazione degli spostamenti degli indagati monitorati attraverso i sistemi Gps allocati sulle autovetture agli stessi in uso nonché attraverso la localizzazione delle celle d’aggancio dei loro apparati telefonici;  
  • dall’esame dei tabulati telefonici delle utenze in uso agli indagati;  
  • dagli accertamenti esperiti presso le banche dati e la rete internet;  
  • dalle concrete modalità di svolgimento, dalla valutazione delle prestazioni dei calciatori “avvicinati” dall’organizzazione e dall’esito degli incontri di calcio che hanno interessato la squadra del Catania».  

Insomma, prima si fanno intercettare i telefoni, poi organizzano le combine con i cellulari. E con chi si mettono in società? Con una persona al di sopra di ogni sospetto? Leggere ancora la richiesta del Pm per capire.    

IL PERSONAGGIO

«Sin dall’inizio dell’attività tecnica, sull’utenza del presidente PULVIRENTI Antonino, venivano registrate diverse conversazioni aventi ad oggetto una serie di appuntamenti da parte di quest’ultimo con IMPELLIZZERI Giovanni Luca, detto Gianluca, la cui ragione emergerà con chiarezza dai contatti successivi.   L’IMPELLIZZERI, socio maggioritario della “BETPRO SICILIA s. r. l. ”, è un agente di scommesse sportive on-line ed esercita tale professione sia personalmente sia avvalendosi di una vasta rete di soggetti del settore che lo coadiuvano e con i quali interloquisce giornalmente. In data 25.01.2011, veniva denunciato dalla Guardia di Finanza di Agrigento alla locale Procura della Repubblica, unitamente ad altri 147 soggetti, in quanto ritenuti responsabili, a vario titolo, di far parte di un’associazione per delinquere dedita ad organizzare, favorire e promuovere il gioco d’azzardo e la raccolta telematica di scommesse clandestine».    

Ecco chi è l’uomo con cui si stabilisce il contatto fatale e con cui si faranno centinaia di telefonate. Personaggio, come si vede, già finito nell’orbita di un’inchiesta per commesse clandestine. Insomma i presupposti non erano così cristallini. Eppure, dice l’accusa, parte il festival delle telefonate, degli accordi, degli acquisti e delle scommesse. Con il Grande Fratello che ascolta per capire chi ha mandato le minacce a Pulvirenti e Cosentino.    

TACI IL NEMICO CI ASCOLTA

Per capire sino a che punto suoni ben strana tutta questa storia, basta leggere altre trenta righe di dispositivo d’accusa e le prime intercettazioni, quelle del 30 marzo 2015 alle ore 21:40. Da qui si capisce come, ovviamente, tutti temevano di poter essere intercettati, tutti predicano prudenza, tutti dicono: ci vediamo dopo, qua, là, su, giù. E intanto parlano, parlano, parlano…     «Pulvirenti Antonino telefona a Gianluca Impellizzeri. I due si sarebbero visti dopo 15 minuti al bar “Alecci”. Subito dopo tale ultima conversazione, PULVIRENTI telefonava al direttore sportivo del Catania Daniele DELLI CARRI e, in maniera sibillina a causa dell’evidente timore di essere intercettato, gli chiedeva informazioni su quando sarebbero stati affrontati “certi discorsi”. DELLI CARRI gli rispondeva che se ne sarebbe parlato a seguito dell’incontro che avrebbe avuto l’indomani pomeriggio specificando, però, che prima avrebbe contattato il suo interlocutore dal telefono della camera (evitando in tal modo di utilizzare il proprio telefono cellulare) al quale avrebbe riferito quanto comunicatogli dal PULVIRENTI in precedenza. L’interlocutore, infatti, a sua volta, avrebbe dovuto prima incontrare una persona che gli avrebbe detto “chi sono” facendo probabilmente riferimento, con tale frase, ai giocatori che erano riusciti a contattare.   Poco dopo, PULVIRENTI telefonava nuovamente al DELLI CARRI e precisava che l’incontro doveva avvenire alle ore 17:00 e non alle ore 15:00. Pulvirenti Antonino telefona a Daniele Delli Carri.  

Pulvirenti: Daniele..

Delli Carri eh..

P: tu dove sei?

D: adesso a mangiare..

P: dove? D: Acicastello!

P: Acicastello.. D: mh.. e mi dica mi dica!

P: no… volevo parlare un po perchè.. io penso che tu poi… certi discorsi devi andarli a fare tu.. di presenza.. non non… non mi va che facciamo discorsi di altro tipo.. senti ma dimmi una cosa..

D: devo partire io?

P: no no no che c’entra… no ti volevo dire questo.. tuuu… tuuuu

D: eh P: stai cenando no?

D: si!

P: ma con chi sei solo?

D: no no no no no.. va be quando finisco se vuole la raggiungo eh?

P: no poi sif a tardi.. eeeeh..

D: se no domani mattina presto alle otto?

P: va be tanto poi… comunque tu quandooo.. domani se ne parlava sempre no?

D: domani lui lo incontra..

P: certo… ma dico domani comunque no?

D: e domani gli dice tutt.. chi sono!

P: si però.. no però… ascolta… domani… a che ora è l’allenamento domani?

D: alle.. pomeriggio..

P: mh.. D: va be ma ci vediamo domani mattina alle otto eh? P: alle ottooo..

D: otto e mezza.. otto e mezza..

P: ci vediamo caso mai verso le dieci?

D: alle dieci al polifunzionale?

P: dieci e mezza..

D: va bene va bene

P: tanto tu non parli prima poi di pomeriggio giusto?

D: e nooo eh.. assoIutamen te.. io mò gli dico quella cosa che lei mi ha detto gliela dico stasera.

D: dalla camera.. eh, e basta.. non gli dico più niente..

P: no va bene questo discorso qua così.. poi dopoo.. pomeriggio

D: mh.. poi lui lo incontra.. dopo le tre lo incontra

P: ma non parlare.. poi parliamo prima noi dai…

D: va bene.. ok…

P: domani poi appena sono io in zona ti faccio uno squillo eee… e ci vediamo

D: va bene.. d’accordo

P: ciao ciao  

PULVIRENTI TELEFONA A DELLI CARRI

Delli Carri: pres..

Pulvirenti: Daniele alle 17 e non alle 15!

D: alle 17 e no alle 15.. ok.. ok.. va bene

P: lo confermo va bene? D: va bene.. glielo dico subito.. glielo dico subito..

P: ciao..

D: grazie grazie..  

«L’indomani, 31 marzo 2015 – è scritto ancora nell’atto di accusa del Pm – proprio intorno alle ore 17, DELLI CARRI telefonava a PULVIRENTI informandolo che il suo contatto si trovava “lì… con gli amici” ma voleva il suo “OK”. Appena quattro minuti dopo, PULVIRENTI telefonava ad IMPELLIZZERI, il quale era già a conoscenza di quanto stava accadendo e della circostanza che “quelli sono là”, riferendogli che poteva dare l’ok».  

Insomma il delitto perfetto in diretta telefonica, quasi una comunicazione Urbi et Orbi. Quanto poteva durare il gioco fatto sotto gli occhi degli investigatori se lo saranno chiesto mai? E perché fatto così? Lo capiremo mai?COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA