Loris, i sei scenari del criminologo
Loris, i sei scenari del criminologo «Ecco perché la mamma non l’ha ucciso»
La nostra intervista con il noto “profiler” Carmelo Lavorino
Quale evento scatenante ha potuto trasformare una madre perfetta in assassina? Il movente non c’è: va ricercato tra le pieghe della psiche di Veronica Panarello. Manca pure l’esatta ricostruzione di quella drammatica mattina del 29 novembre. E il prof. Carmelo Lavorino, noto criminologo criminalista profiler, consulente in alcuni dei più noto gialli d’Italia, spiega perché Veronica Panarello non ha ucciso il figlio di 8 anni Loris Andrea. «Abbiamo tre opzioni principali: madre assassina, madre che copre l’assassino; madre innocente. Lasciamo agli inquirenti la prima e la seconda e concentriamoci sulla terza, cioè “madre innocente”». «Allo stato dei fatti e delle nostre conoscenze – prosegue Lavorino – gli inquirenti hanno individuato, raccolto e organizato una serie di indizi che singolarmente e nel loro insieme sono realmente gravi, precisi e concordanti nello stringere il cerchio attorno a Veronica Panarello, col presupposto fondamentale e certissimo che Loris sia rientrato in casa alle 8:31. A questo punto la donna può salvarsi “se e solo se” riuscirà a dimostrare che tutti gli indizi sinora interpretati come colpevolizzanti nei suoi confronti, possono essere letti in modo alternativo». – E quindi indicare un altro assassino? «L’alternativa deve mettere a posto tutti i tasselli del puzzle senza alcuna incoerenza interna ed esterna. Ogni scenario prevede che Loris sia ucciso da una o più persone che chiamiamo “combinazione criminale” o soggetto ignoto. Se Loris è la sagoma vista entrare alle 8:31 l’omicidio si è sviluppato nel garage, in uno degli appartamenti condominiali o a casa della madre. Se la sagoma non è di Loris gli scenari cambiano completamente e la madre ovviamente esce dai sospetti, a prescindere dalle sue incertezze, imprecisioni, contraddizioni e bugie. Premetto che non sono d’accordo sull’ora della morte fra le 9 e le 10,30, la forbice temporale è sicuramente maggiore. «Gli scenari possibili sono esattamente sei. Eccoli: SCENARIO 1 – Omicidio organizzato dalla “combinazione criminale” per vendetta contro la madre e per odio contro il piccolo. La combinazione si appropria del bambino, lo uccide, segue a distanza i movimenti della madre e decide d’incastrarla sovrapponendosi ai suoi movimenti in macchina. Usa le fascette perché è a conoscenza che a casa di Panarello sono presenti e fa attenzione a non lasciare tracce biologiche, dattiloscopiche e documentali visive. Per questo taglia ed elimina le fascette e si muove con circospezione. In tal caso l’assassino può essere donna o uomo e sicuramente conosceva il bambino e ne aveva la fiducia. I tragitti mattutini di Veronica che si reca al Vecchio Mulino alle 8:34, torna a casa alle 8:48, esce alle 9:23 e torna in zona Vecchio Mulino alle 9:27 prima di recarsi a Donnafugata sono noti all’assassino che, fra l’altro, la controllava da lontano o in altro modo. Per tale motivo ha deciso di andare a scaricare il corpicino del bambino proprio in quella zona. E nemmeno è da escludere che, conoscendo il passato di Veronica, sapesse che la stessa in passato aveva vissuto in tale zona e ha giocato anche a incastrarla. È comunque interessante che il Vecchio mulino fosse noto anche a soggetti della malavita e della tossicodipendenza. SCENARIO 2 – Omicidio situazionale e strumentale per tacitazione testimoniale. Il bambino torna a casa e trova in garage, nelle scale o a casa l’assassino che, nell’ultimo caso, si è introdotto per furto, per fare un dispetto alla famiglia, o altro motivo. Il bambino riconosce l’intruso il quale in preda alla rabbia lo blocca e lo uccide. L’assassino ha le chiavi del portone o del garage e, se si è introdotto in casa, ha anche le chiavi di casa che ha potuto procurarsi in diversi modi. Sapendo delle telecamere si è mosso con accortezza e con stratagemmi ad hoc. SCENARI 3-4-5-6 – Omicidio a sfondo sessuale, o in seguito a litigio. Lo scenario è identico anche in caso di morte per disgrazia o in seguito a gioco. Loris dal garage sino all’uscio di casa è incappato in una situazione pericolosa divenuta criminogena e poi esplosa, situazione pericolosa che va dalla tentata aggressione sessuale a un litigio fa minori. L’assassino o dei complici (familiari, amici, compagni di gruppo) hanno poi effettuato il trasporto in località Vecchio mulino con le accortezze del caso. Le accortezze di autosicurezza e per farla franca da parte della combinazione criminale iniziano dal post mortem». – Professore, non ritiene di muoversi su un terreno franoso e scivoloso se non su una nuvola teorica? «Assolutamente no, perché o la difesa di Veronica produce le strade, i modi e le prove dell’alternativa logica e valida, oppure la donna verrà condannata, questo a prescindere dalle valutazioni di diritto sugli indizi. E la difesa di Veronica – se non addirittura il marito – dovrebbe trovare i riscontri a una di queste alternative. Il marito ha tutti gli interessi e le motivazioni per individuare il vero colpevole, sia questi la moglie o altre persone». E come spiega le menzogne, le incongruenze e le contraddizioni di Veronica? «Dando per scontato che la famosa sagoma sia proprio di Loris, in uno scenario innocentista può essere accaduto che Veronica per motivi sconosciuti (punizione, litigio, altro) abbia mandato indietro il figlio, oppure non si sia accorta che non è entrato in macchina perché la fretta, lo stress e l’abitudine l’hanno distratta. Nel frattempo Loris entra nel condominio e viene ghermito dall’assassino che è entrato in modo da non essere ripreso dalla videocamera, oppure è del condominio o era presente per altre ragioni. Veronica alle 8:48 torna a casa e non lo trova. Pensa di essere imballata mentalmente e di avere accompagnato il bambino a casa. Quando va a scuola non lo vede e scattano i vari meccanismi di difesa dell’io, fra cui l’amnesia dissociativa. In tal modo spieghiamo la “famosa menzogna” del “non accompagnamento a scuola”, la confusione e le imprecisioni. Del resto il suo stato psichico, anche in seguito alla notizia della morte del figlio, era particolare e con le facoltà cognitive allentate». Però Veronica ha il profilo psicologico per essere l’assassina, giusto? «Lo stato psichico di Veronica, il suo back-ground, il carattere, l’aggressività infradomestica, la solitudine e le sue negatività che sicuramente si rifiutava di riconoscere e che potrebbe avere proiettato sul figlio sono tutte caratteristiche che giocano contro di lei. Qui i casi sono due: o piove sul bagnato e Veronica è maledettamente sfortunata con situazioni, eventi e coincidenze coalizzatisi contro di lei, oppure l’assassino era a conoscenza delle sue caratteristiche psicologiche, di opportunità e di capacità esecutive e ne ha approfittato dopo la morte del bambino. Elenco una serie di indicatori che non sembrano essere compatibili con la figura della madre assassina nel caso di morte per omicidio volontario. Il disprezzo verso il corpo, l’assenza di ogni segno di rimorso, lo scaricamento del corpo in quella maniera violenta e veloce, il volere disfarsi di un fardello scomodo e pericoloso sono tutti indicatori di una persona che non nutriva da tempo sentimenti di affetto verso il bambino, cosa che invece la madre sino a poche ore prima della scomparsa di Loris ha mostrato e vissuto. Attenzione, in moltissimi casi di uccisione del tipo familiare l’assassino/a lascia una traccia di rimorso o negazione psichica, quale aggiustare il cadavere, coprirlo, lasciarlo in posa non umiliante. Invece il bambino è stato buttato ancora vivo, come un fantoccio da deumanizzare, con i pantaloni abbassati, quasi a volerlo degradare, in mezzo all’immondizia. Altro aspetto importante è l’avere coperto il capo del bambino col cappuccio della felpa: un atto che non è di rimorso/negazione psichica, bensì strumntale a nasconderlo. E ancora l’eliminazione delle fascette tramite forbici procura lesioni al corpo mentre il bambino è ancora vivo. La circostanza denota due aspetti molto forti: l’assassino ha eliminato l’arma del delitto contenente il proprio dna e le proprie impronte digitali e, contemporaneamente, ha prolungato il proprio contatto corporeo e fisico con la vittima, addirittura facendola soffrire maggiormente. Ebbene, l’atto implica sadismo fisico, psicologico e odio covato per settimane. Non è compatibile con la madre assassina. La metodica omicidiaria dello strangolamento volontario tramite fascetta implica una serie di atti logici, mirati, organizzati e consequenziali, che male si adattano ai tempi ristretti di Veronica e allo stato compulsivo di madre assassina». L’assassino sarebbe quindi un esterno. «Tre aspetti sono compatibili con la figura di un assassino esterno: il modus operandi spietato, veloce, accurato e organizzato; l’assenza di tracce psicologiche quali la negazione psichica e il rimorso, la messa in posa e la composizione del cadavere, e la presenza di tracce psicologiche quali il disprezzo e l’odio verso il bambino vivo e morto, la procurata sofferenza e il non avere retrocesso dall’azione assassina. E infine la mancata pianificazione di attività per “farla franca” da parte di Veronica. Prima fra tutte, il non avere previsto di essere ripresa dalle videocamere».