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Schiavizzava clandestinoArrestato imprenditore agricolo

Ridusse in schiavitù clandestino Arrestato imprenditore agricolo

Il giovane lavorava 16 ore al giorno, era costretto a bere la stessa acqua degli animali e viveva in locali infestati dai ratti. L’imprenditore agricolo deve scontare otto anni di carcere

Di Redazione |

Aveva ridotto in schiavitù un clandestino romeno che era costretto a lavorare tutti i giorni dalle 6 alle 23, che era costretto a bere la stessa acqua degli animali, che spesso veniva lasciato senza cibo tanto da doversi nutrire solo del latte munto da alcune pecore. E per di più era costretto a vivere in locali pieni di spazzatura e invasi da ratti e parassiti vari. Una storia incredibile che ha fatto finire in carcere un imprenditore agricolo di Riesi, Carmelo Pirrello di 58 anni, che deve scontare otto anni di carcere per per riduzione e mantenimento in schiavitù. L’uomo, pregiudicato, è stato prelevato dai poliziotti che hanno eseguito un provvedimento di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Caltanissetta, richiesto dal procuratore aggiunto Lia Sava, in esecuzione della sentenza di Cassazione che disponeva la cattura di Pirrello per l’espiazione della sentenza definitiva di otto anni, tre mesi e 25 giorni, oltre all’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata per tre anni dopo l’espiazione della pena. Il provvedimento è stato eseguito dagli uomini della Squadra Mobile di Caltanissetta guidati dal dirigente Marzia Giustolisi.

LA VICENDA. Carmelo Pirrello venne arrestato nel luglio del 2005, in flagranza di reato, dopo che la Polizia scoprì un giovane romeno (all’epoca extracomunitario) il quale lo aveva posto in uno stato di soggezione e sfruttamento, costringendolo ad estenuanti prestazioni lavorative. Pirrello fu accusato anche di aver favorito la permanenza illegale del clandestino in Italia approfittando della situazione d’inferiorità e di necessità dell’extracomunitario. Il 14 luglio del 2005 i poliziotti circondarono il podere di Pirrello, in contrada Besaro a Riesi, trovando il clandestino in condizioni disumane, al limite della sopravvivenza, costretto a vivere in locali dove i pochi effetti personali si mescolavano a sacchi di immondizia ed a materiali di risulta. La sporcizia del luogo attirava inevitabilmente ratti e parassiti vari che infestavano i locali. Il giovane non aveva nemmeno acqua per lavarsi o bere, ed era costretto a fare ricorso all’acqua utilizzata per gli animali, che giungeva alla fattoria su autobotti per acqua non potabile. Con il supporto di un interprete il rumeno, in evidente stato di denutrizione e di abbandono fisico, aveva poi confermato lo stato di schiavitù e sfruttamento in cui era stato posto da Pirrello riferendo che lavorava per quest’ultimo per sedici ore al giorno (dalle 6 alle 23, tutti i giorni, compresi i festivi; che era stato costretto a lavarsi ed a bere la stessa acqua usata per gli animali, pur essendo acqua non potabile; che in due occasioni Pirrello gli aveva fatto mangiare la carne di due pecore affette da brucellosi, malattia che poi contrasse; che nell’ultimo mese Pirrello gli avrebbe negato più volte il cibo, e pertanto, era stato costretto a nutrirsi con il solo latte ricavato dalla mungitura del bestiame; Pirrello inoltre gli aveva sottratto il passaporto e per restituirglielo pretendeva che lavorasse alle sue dipendenze, un altro anno di lavoro senza paga. E il passaporto effettivamente veniva ritrovato durante la perquisizione dentro l’autovettura di Pirrello.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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