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I giovani e i profughi dell'Iraq

I giovani e i profughi dell’Iraq

Di Giuseppe Di Fazio |

Era un “lupo solitario” il killer che ha seminato terrore nel parlamento canadese e ha fatto alzare il livello di allarme contro il nuovo terrore in tutto il mondo. Un uomo solo, convertito all’Islam, psicologicamente fragile è riuscito a riportare in prima pagina nei quotidiani internazionali la tragica guerra in Siria e l’avanzata dello Stato islamico. Non bastavano oltre centomila profughi curdi, costretti a lasciare Mosul dal feroce esercito dell’Isis, per rompere la nostra indifferenza, né bastavano i rapimenti di donne e fanciulle, e neanche i morti in Siria.

C’è voluta la paura portata in Occidente da un “lupo solitario” per svegliarci dal sonno della ragione. Chiusi nei nostri problemi quotidiani, anestetizzati dalla società dei consumi non ci siamo accorti che dall’altra parte del mare migliaia di nostri fratelli venivano uccisi, o erano costretti a lasciare con la forza le loro case. Non ci siamo accorti che un nuovo totalitarismo si sta pian piano affermando, una ideologia perversa che in nome dell’Islam puro e duro intende far fuori, anche fisicamente, coloro che non si convertono ad essa. Eppure, se non riusciamo a lasciarci scalfire dalla notizia dei cristiani perseguitati in Iraq, o delle fanciulle rapite o lapidate in Siria, Iraq e Nigeria, dovremmo avere, per lo meno, l’umiltà di accogliere la lezione che ci viene da molti nostri giovani. Abbiamo pubblicato, mercoledì scorso, in prima pagina la lettera di una di loro – Chiara Romeo – che raccontava la sua amicizia semplice con un ragazzo che vive a Kobane, la “Stalingrado” siriana, e che ci invitava a deporre il “mantello dell’indifferenza e della superficialità”. Non ci viene chiesto, come ai “lupi solitari”, di imbracciare il fucile e combattere.

A difendere la pace, per parte nostra, ci pensano (o dovrebbero pensarci) l’Onu e la coalizione internazionale. A noi tocca tener desta la coscienza, guardare in faccia il dolore dei profughi e dei migranti, aiutare come possiamo le poche iniziative a favore di chi soffre nelle zone di guerra, come quella che avrà luogo oggi a Catania (in via Etnea) e in altre città siciliane promossa dalla Fondazione Avsi a favore dei profughi dell’Iraq. È una piccola goccia in un mare di bisogno, ma che ci restituisce la nostra umanità. Un “lupo solitario” può seminare terrore, una persona solidale può rilanciare la speranza.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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