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Mani della stidda sul riciclo della plastica Il business dominato da un ex pentito

Di Redazione |

Tutto è iniziato con il sequestro di calzature contenenti materiale nocivo per la salute avvenuto nel 2014. Sono partite proprio da quel sequestro le indagini coordinate dalla Procura di Catania e condotte dalla Squadra mobile di Ragusa e Catania che all’alba di oggi hanno portato all’esecuzione di 15 arresti, dieci in carcere e cinque ai domiciliari.

ECCO CHI E’ FINITO IN MANETTE

In quella occasione veniva ipotizzata l’esistenza di un’organizzazione dedita al traffico di rifiuti plastici, acquisiti da imprese di raccolta e stoccaggio aventi sede nelle province di Ragusa e Catania ed esportati in Cina, dove gli stessi venivano utilizzati per la fabbricazione di scarpe, poi importate in Italia e commercializzate pur contenendo sostanze tossiche.

Nell’ipotesi investigativa, le materie plastiche di scarto – provenienti dal territorio ibleo – venivano recuperate prevalentemente dai teloni di copertura degli impianti serricoli del vittoriese, e risultavano inquinate da agenti altamente tossici come fitofarmaci e pesticidi.

Dall’inchiesta, svolta dalla Squadra Mobile di Catania e di Ragusa con il coordinamento del S.C.O. della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, è emerso che le “principali imprese vittoriesi attive nel settore della raccolta e trasformazione di rifiuti plastici si approvvigionavano dei teli di copertura periodicamente dismessi dalle serre presenti nel territorio ricompreso fra le provincie di Ragusa, Siracusa e Caltanissetta” e di “conseguenza vi era una forte concorrenza tra le aziende che si occupavano della raccolta della plastica, le quali cercavano di ottenere il monopolio, anche attraverso il ricorso all’intimidazione mafiosa”, dicono gli inquirenti.

La Polizia, attraverso le indagini delle Squadre Mobili di Catania e Ragusa, ha raccolto gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati. In particolar modo, parte dei destinatari della misura cautelare hanno fatto parte di una associazione di stampo mafioso “stidda”, promossa, organizzata e diretta da Claudio Carbonaro.

In particolare, è stato accertato che il sistema messo in atto dagli indagati “era finalizzato ad ottenere il conferimento, in via esclusiva, della plastica dismessa dalle serre alla SIDI della famiglia Donzelli, tanto che il gip ha applicato la misura cautelare nei loro confronti per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa”. I Donzelli, titolari di più impianti per il riciclo di materie plastiche, riuscivano ad ottenere tale vantaggio economico attraverso l’intimidazione sistematica dei serricoltori e dei raccoglitori di plastica, messa in atto dal clan, acquisendo una posizione di sostanziale monopolio nel settore.

Di rilievo nella vicenda la posizione di Claudio Carbonaro, il quale, “dopo aver completato il percorso come collaboratore di giustizia, ha fatto ritorno dal 2013 a Vittoria, dove negli anni 80/90 si era reso responsabile di più di 60 omicidi, assumendo un ruolo fondamentale per l’associazione mafiosa e ponendosi a capo dello storico clan Carbonaro-Dominante” e ha promosso, organizzato e diretto l’associazione, d’intesa con Giovanni Donzelli e con l’ausilio di Salvatore D’Agosta detto “Turi Mutanna”, reclutando e coordinando l’attività di raccolta della plastica svolta dai Minardi; quest’ultimi, detti i “barbani”, avvalendosi della capacità di intimidazione promanante dall’appartenenza al clan e dalla conseguente condizione di assoggettamento e omertà, si assicuravano in via esclusiva la raccolta del prodotto, per poi conferirlo, in esecuzioni dei precedenti accordi, esclusivamente presso le imprese della famiglia Donzelli.

L’intervento di Carbonaro nel 2015 ha inoltre “permesso di raggiungere un accordo criminale con la famiglia gelese dei Trubia (anche loro colpiti da provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria nissena nel 2016 per i medesimi fatti) per la spartizione dei terreni: difatti i Minardi ottenevano l’esclusiva per la provincia di Ragusa”, dicono gli inquirenti. Tra gli episodi accertati, nel 2015 Salvatore D’Agosta e Gaetano Tonghi “appiccavano il fuoco ad un autocarro di proprietà di una ditta di raccolta plastica al fine di intimidirli e non farli operare sul territorio vittoriese. Nel 2017 Antonino Minardi e Giuseppe Ingala danneggiavano l’autovettura di uno dei responsabili di un’azienda agricola, reo, a loro dire, di aver fatto prelevare la plastica dismessa ad un’altra impresa di raccolta plastica. In quella occasione, venivano arrestati dalla Squadra Mobile di Ragusa due soggetti per detenzione di armi rubate, immediatamente dopo aver commesso il grave atto intimidatorio”.

Oggi è stato possibile ricostruire la dinamica del grave atto intimidatorio per ottenere l’egemonia nel settore della redditizia raccolta della plastica.

Tra le aggravanti contestate vi è anche la disponibilità di armi da parte degli indagati, difatti le attività di intercettazione hanno permesso di appurare che alcuni sodali, tra cui Carbonaro, D’Agosta, Antonino Minardi e Donzelli, disponevano di armi di diverso tipo. Da ultimo Minardi Antonino è stato arrestato dalla Squadra Mobile di Ragusa per la detenzione di una pistola rubata nel mese di settembre 2019, segno di un’attuale forza del gruppo criminale. Tra i reati contestati (solo a Giovanni Donzelli, Raffaele Donzelli, Andrea Marcellino, Francesco Farruggia e Giovanni Longo), vi è inoltre la gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti. Gli indagati smaltivano abusivamente i fanghi speciali provenienti dal lavaggio della plastica, nocivi in quanto costituiti da terra mista a fertilizzanti e pesticidi. I rifiuti venivano interrati e ricoperti con cemento e asfalto o occultati mediante sversamento abusivo nei terreni adiacenti la SIDI dei Donzelli o in altri terreni di Vittoria, creando un grave danno all’ambiente. La Polizia ha effettuato durante il periodo investigativo anche riscontri mediante videoriprese delle fasi di smaltimento illegale. I reati ambientali commessi dagli indagati hanno permesso di ottenere maggiori profitti, in quanto lo smaltimento abusivo, privo di tracciabilità (per assenza del FIR), non viene conferito presso una discarica autorizzata, con illecito abbattimento dei costi; è stata elusa anche l’IVA da parte dei commercianti materie plastiche, proprio in virtù di tale smaltimento clandestino.

La Procura della Repubblica ha anche richiesto ed ottenuto il sequestro preventivo di 5 aziende riconducibili agli indagati. Il volume di affari complessivo delle aziende sequestrate ammonta a circa 5 milioni di euro, tra queste quelle appartenenti alla famiglia Donzelli ed all’indagato Longo. È stato nominato un amministratore giudiziario, in modo da consentire la prosecuzione dell’attività imprenditoriale, con salvaguardia dei lavoratori.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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