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Eros, leggende e fascino al “Grand Hotel et des Palmes”, scenario palermitano della “Belle epoque”

Di Redazione |

«Arrivato a Palermo vado alla posta per sapere dove risiede Wagner; nessuno parla francese e nessuno lo conosce, ma nel mio albergo, dove ci sono dei tedeschi, ho finito col sapere che è all’Hotel delle Palme. Lì m’imbatto nel solito domestico che mi saluta con deferenza, m’invita a seguirlo e mi fa penetrare in una piccola serra, poi in un salottino attiguo, mi fa sprofondare in un’immensa poltrona. Odo un rumore di passi attutiti dagli spessi tappeti. È il maestro, in abito di velluto con grandi maniche foderate di seta nera. È bellissimo e molto gentile, mi tende la mano, m’invita a risedermi e allora comincia una conversazione delle più insensate, mezzo francese, mezzo tedesco con desinenze gutturali. Parliamo di tutto. Dico parliamo, ma io non ho fatto che ripetere: “Caro maestro, certamente, caro maestro”, e mi alzavo per andarmene. Allora lui mi prendeva le mani e mi ricacciava nella mia poltrona». Dell’incontro tra Pierre Auguste Renoir e Richard Wagner ci rimane, oltre al pregevole ritratto oggi esposto al museo D’Orsay, una lettera che il grande impressionista francese inviò a un amico il 14 gennaio 1882. In quest’ultima, Renoir racconta del suo viaggio a Palermo, della visita a Monreale e del “Grand Hotel et des Palmes”, dove il compositore risiedeva e stava mettendo gli ultimi ritocchi al “Parsifal”.

LA STRUTTURA. Tutt’ora esistente e operativo – al netto delle vicende che ne hanno interessato la proprietà e che ne hanno minacciato la chiusura – l’albergo è uno dei luoghi iconici dello scenario della “Belle Époque” palermitana. Inizialmente composto da due soli piani, e caratterizzato da un grande ed esotico giardino d’inverno che arrivava fino al mare, il palazzo, costruito nel 1874 per volontà della famiglia Whitaker, assunse la sua attuale composizione nel 1907, grazie alla ristrutturazione a opera dell’architetto Ernesto Basile: celebre esponente del movimento liberty e progettista di opere come la stessa Villa Igiea e l’ala nuova di Montecitorio con annessa l’aula del Parlamento a Roma.

LA STORIA. L’Hotel delle palme ha visto transitare tra le sue stanze politici, generali, artisti, scrittori e personalità che hanno segnato la strada della società europea verso la sua attuale costituzione. Ancora oggi per coglierne l’atmosfera basta fare qualche passo oltre l’atrio dove troneggiano le statue di scuola Canova nella grande hall assieme al pianoforte a coda sul cui sgabello – recita il cartiglio – “Wagner ultimò di comporre il Parsifal nel 1882”. È da qui che Francesco Crispi dava lezioni di politica ed è qui che il drammaturgo e poeta francese Raymond Roussel, uno dei padri della Patafisica, morì nel 1933 (l’episodio è stato poi al centro del film di Meme’ Perlini, dal titolo omonimo: Grand Hotel Et Des Palmes). Ma l’importanza di questo luogo è fortemente legata pure alla nostra storia contemporanea, oltreché a quella moderna: durante la seconda guerra mondiale la struttura divenne quartier generale statunitense a opera del generale Charles Poletti e nel ’57 tra le pareti dell’hotel si tenne l’ultimo incontro tra i capi di Cosa Nostra siciliana e la mafia americana, con a capo Lucky Luciano. In tempi più recenti, poi, come dimenticare la suite numero 103, riservata per anni al Divo Andreotti? Il Presidente vi ha trascorso numerosissime notti, probabilmente convivendo con i suoi più cupi ricordi siciliani. E ancora, di storie se ne potrebbero narrare molte, come la cena da 12 portate organizzata in hotel da Vittorio Emanuele Orlando e il “privato esilio” dell’enigmatico e facoltoso Giuseppe Di Stefano, il Barone Sciacca che qui visse per oltre quarant’anni, si dice per sfuggire a un misterioso ricatto conseguente a un presunto omicidio avvenuto a Castelvetrano.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA