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Università, l’ex dirigente “licenziato”: «Io revocato per non aver condiviso richieste»

Di Orazio Provini |

Catania – Resterà deluso chi immaginava Lucio Maggio, ex direttore generale dell’Università (“licenziato” nel 2014 dall’allora rettore Giacomo Pignataro) soddisfatto per gli esiti dell’operazione “Università Bandita”. L’ex dirigente, docente di Giurisprudenza, chiarisce: «Guardi non vedo perché dovrei essere rallegrato da quel che è accaduto alla nostra Università. Anzi le dirò che personalmente la battaglia, anzi la guerra direi meglio, l’ho perduta proprio quando fui sollevato dall’incarico dopo essere stato prima invitato a dimettermi e poi revocato per non avere assecondato alcune richieste che non condivisi allora e non condivido ancora oggi».

Eppure dalle sue successive denunce si può dire che è scattata una dettagliata analisi sull’Università, con le conseguenze oggi ben note.

«Guardi però che i miei contrasti di allora e che portarono poi, è vero ad alcune segnalazioni, anche al Tar, non riguardarono vicende legate ai concorsi o all’assegnazione e/o composizione di Commissioni. Si trattava di appalti, di questioni amministrative».

Perché allora dice che ha perso la battaglia, anzi la guerra.

«Perché se fossi riuscito a imporre il mio pensiero, chissà, magari oggi non ci sarebbe stato questo polverone».

Beh, polverone mi sembra una definizione eufemistica, diciamo un mezzo terremoto…

«Comunque lo si definisca non è una bella situazione. C’è di mezzo l’Università, la sua storia, il blasone, i docenti, il personale e gli studenti, con tutto quello che ruota intorno, prestigio compreso. Negli ultimi anni abbiamo perso 20mila iscritti, passando da 60mila a circa 40mila. Abbiamo bisogno di ritrovare più credibilità».

Non vorrà farci credere che prima era tutto rose e fiori e che i problemi siano sorti dal rettorato Pignataro…

«Io non intendo e non auspico fare credere nulla. Sulle vicende di questi giorni c’è un’inchiesta dalla magistratura che mi pare di capire è ancora in corso e che è focalizzata sul “modus operandi” di un gruppo. Leggo di concorsi sotto inchiesta, alcuni accertati come irregolari e altri in fase di verifica. Non so però e le chiedo di credermi, quanto abbiano inciso e se lo hanno fatto in che misura, le informazioni fornite. Il direttore generale non si occupa dei concorsi per le docenze, ma funge e interviene da supporto logistico al mondo collegato alla docenza».

Adesso che succede, chi gestisce, è plausibile pensare a nuove elezioni? E se fosse l’attuale dg che farebbe?

«Credo che votare non sarebbe utile, almeno occorrerebbe attendere la chiusura delle indagini, magari solo per evitare eventuali e ulteriori sorprese alla luce del fatto che l’inchiesta non mi sembra conclusa. E poi non serve dividerci per eleggere qualcuno in questa fase. Forse commissariare per un certo periodo sarebbe una soluzione. Credo se ne parli e magari a Roma c’è chi ci sta pensando. Serve dare una guida all’ateneo e farlo presto. Quel che è in corso non ha precedenti, quindi neanche riferimenti. Se fossi il dg? Non lo sono, per fortuna, ma sarei in forte imbarazzo perché il ruolo è espressione di un organo di indirizzo politico, in questo momento a soqquadro. Eviterei però i processi sommari. Le generalizzazioni sono fallaci comunque».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA