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Dal Cie di Brindisi a quello nisseno: l’odissea della trans Adriana

Di Redazione |

BARI – Non ha ottenuto un permesso di soggiorno di sei mesi come si era saputo venerdì scorso, ma la transgender brasiliana 35enne Adriana, che si trovava dallo scorso 24 gennaio nel Cie di Restinco (Brindisi) perché dopo 17 anni in Italia ha perso il lavoro e il permesso di soggiorno, è stata trasferita nel Centro identificazione ed espulsione di Caltanissetta.

Lo spiegato  la stessa Adriana parlando con i cronisti dell’Ansa ha quali ha raccontato che le avevano detto che sarebbe uscita dal Cie di Restinco per essere portata in un centro protetto prima di essere rilasciata. Ma, più tardi, le hanno spiegato che sarebbe stata portata in Sicilia, in un altro Cie, a causa di alcuni suoi precedenti penali.

«Ho pianto per un’ora», dichiara Adriana spiegando che «i miei cari mi aspettavano a casa, qui in Italia: poi – aggiunge – sono stati molto gentili e mi hanno fatto fare una telefonata per avvisare».

A quanto si apprende da fonti che avrebbero visionato il fascicolo, i giudici del tribunale di Napoli avrebbero annullato il decreto di espulsione ma, a causa dei suoi precedenti penali, avrebbero stabilito che Adriana sia ancora trattenuta in un Cie in attesa che la Commissione ministeriale territoriale valuti se ci sono i presupposti per concederle asilo politico.

Adriana, che precisa di aver pagato per gli errori commessi in passato e di aver scontato per intero la sua pena, sottolinea che le è stato spiegato che la nuova normativa prevede, per chi ha precedenti penali e inoltra una richiesta di protezione umanitaria, di dover attendere la risposta della Commissione in un Centro di identificazione.

Il caso di Adriana è stato sollevato nei giorni scorsi dai movimenti per la difesa dei diritti dei transessuali per i quali non esistono Cie adeguati. Adriana infatti nel Cie di Restinco aveva ricevuto minacce di morte da alcuni uomini trattenuti nella struttura, che non tolleravano la sua condizione di transizione. Adriana infatti era stata per circa due mesi nel reparto uomini del Cie brindisino. Dove appunto aveva ricevuto minacce e insulti. E per questo era stata trasferita negli ultimi giorni in una “cella” di sicurezza, vicino all’infermeria. Qui, sottolinea Adriana, staff del Cie e forze dell’ordine cercavano di rendere la sua permanenza il meno traumatica possibile.

Ora Adriana riferisce di trovarsi da sola, in un container del Cie di Caltanissetta, e anche qui la polizia e tutto lo staff stanno facendo il possibile per farla stare bene. Adesso, però, Adriana spera di ottenere al più presto la protezione umanitaria perché, evidenzia, «nel mio Paese temo per la mia vita».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA