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Laura apre il suo diario e il suo cuore agli studenti: «L’ odio corrode la vita»

Di Laura Salafia |

Catania – Quest’anno, in prossimità del Natale, ho ritrovato il sorriso e nel cuore mi si è aperta la speranza. Devo ringraziare soprattutto gli alunni, i docenti e la preside del comprensivo Sauro-Giovanni XXIII di Catania che mi hanno accolto nell’aula magna del loro istituto in un clima di profonda e lieta amicizia. E quando si provano cose belle, viene voglia di raccontarle.

I colori della mia vita

Un ragazzo mi ha chiesto quali colori utilizzerei, se dovessi rappresentare in un quadro la mia vita. Userei il rosso, perché è il colore del sangue e perché spesso il mio cuore sanguina per ciò che è accaduto, o per quello che mi accade durante le giornate. Ma userei anche il verde, perché mi fa pensare agli spazi aperti, alla campagna, alla gioia di poter essere libera, malgrado io trascorra la maggior parte del mio tempo nella mia camera. Userei il nero, perché simboleggia la tristezza che sperimento in certi momenti e la condizione in cui mi trovo. E, infine, userei l’arancione, che si colloca fra il rosso e il giallo, perché mi ricorda sia l’alba sia il tramonto: la speranza di un nuovo giorno e la conclusione della giornata, dove tutto si acquieta.

Le scoperte impreviste

Nella mia situazione mi capita spesso di scoprire aspetti della vita che prima non apprezzavo. Ci ho pensato molto: in effetti quando ero nel pieno del vigore ritenevo di poter fare tutto da me. Ora riscopro il senso della fragilità della vita, l’incapacità di poter agire da sola. E apprezzo l’importanza di avere accanto a me persone che oltre a essere professionalmente preparate, mostrino anche un volto umano, che mettano cioè a disposizione non solo la loro professionalità, ma anche la loro umanità.

Quello sguardo del Papa

Un ragazzo, che ha letto il mio libro “Una forza di vita”, mi chiede se dall’incontro con Papa Francesco abbia trattenuto nel cuore una parola in particolare. Non è tanto una frase, mi sono rimasti nel cuore gli occhi del Pontefice. Nel momento in cui essi hanno incrociato i miei, mi sono immersa nella loro profondità. Ho visto la sofferenza che il Papa sta portando; è come se stesse portando addosso il dolore del mondo. E quando, all’orecchio, mi ha sussurrato ‘Prega per me’, non stava dicendo una frase di circostanza.

Incontri inaspettati

Gli studenti sono rimasti sorpresi che nella mia vita dopo l’incidente siano accaduti incontri inaspettati, come quello epistolare con l’ergastolano detenuto a Milano o quello con Cecilia, la monaca di clausura che vive nel convento delle Benedettine a Catania. A proposito della mia corrispondenza con l’ergastolano, che ha ripreso a studiare, ha conseguito la maturità e oggi è iscritto all’Università, mi sento di dire che ogni persona, per quanto possa aver fatto del male, ha dentro di sé un seme di positività. Se qualcuno o qualcosa lo innaffia, esso può germogliare. Anche la persona più cattiva se incontra qualcuno o qualcosa che gli tocca il cuore può cambiare. Con suor Cecilia, questo il nome della suora di clausura entrata nella mia vita, c’è stato uno scambio fra due mondi diversi eppure con tante somiglianze. Due mondi, apparentemente lontani, che in realtà hanno tanto in comune. Con suor Cecilia riusciamo ad avere uno scambio di pensieri e di vita. Con lei è nata una amicizia forte.

La narrazione come cura

Scrivere, raccontare la mia storia e quello che mi accade, in qualche modo mi ha aiutato a superare le difficoltà. Ho cercato di trasmettere agli altri ciò che io sono, in modo che potessero capire quale realtà sto vivendo. Chi mi conosceva già ha scoperto un altro mondo. Chi non mi conosceva s’è trovato di fronte a questa realtà. Sono diventata più forte, sono emerse le mie fragilità: ma nella vita una persona non è solo quella che appare. Per esempio, qualcuno potrebbe pensare che la dipendenza totale dagli altri sia la cosa peggiore che mi potesse capitare. No. La cosa peggiore è l’indifferenza, la compassione superficiale e la cattiveria gratuita.

L’odio corrode la vita

Una ragazza mi ha chiesto cosa provo per la persona che quel mattino del primo luglio 2010 mi ha cambiato la vita. L’ho detto altre volte, ma lo ripeto. Quando mi sono accasciata al suolo con una pallottola nel collo ero serena, vivevo una pace interiore. Perché avevo a fianco una mia amica e perché ero piena di gratitudine per la vita che avevo vissuto. Nei confronti di quella persona che ha sparato non ho provato né odio né rancore. L’odio non risolve nulla, anzi rende la vita insopportabile.

La tentazione di mollare

Molti mi chiedono se, nonostante io appaia all’esterno molto “forte e imbattibile”, non mi sia venuta voglia qualche volta di mollare tutto e di lasciarmi andare. Questa tentazione la vivo tutti i giorni. Ma poi c’è sempre qualcosa o qualcuno che mi distoglie da questi brutti momenti e mi fa ritrovare la voglia di vivere e di dire dentro di me che la vita porta con sé un raggio di sole.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA