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QWince, l’avventura nella tecnologia hitech di un ingegnere siciliano

Di Maria Ausilia Boemi |

Ma non solo: QWince sta lavorando con la Brunel University di Londra per mettere a punto un bracciale capace di leggere i segnali elettrici del braccio che possa aiutare nei movimenti persone anziane, disabili e a bassa mobilità. O ancora: sta progettando e sviluppando un sistema di identificazione sicura basata sul battito cardiaco – diverso per ognuno -, da utilizzare come una password. «Un altro dei nostri prodotti è Neuralya, un sistema di analisi comportamentale che usa tecnologie indossabili per comprendere cosa attira l’attenzione di un consumatore e quali reazioni emotive suscita il prodotto o il contenuto che osserva». Fantascienza? Assolutamente no: “soltanto” ingegno, innovazione e competenze tutte made in Sicily.

L’avventura di QWince – che oggi vanta un milione circa di fatturato – inizia nel 2007 all’interno dell’incubatore di impresa Arca dell’università di Palermo, dall’idea dell’ingegnere Troia, fondatore e socio di QWince e di Securproject, «di creare a Palermo o comunque in Sicilia un centro di competenze sull’innovazione e la sicurezza informatica. Io vengo da esperienze in multinazionali che mi hanno portato a Londra, in Scozia e in Italia: da Hunting Oilfield Service ad Aderbeen in Scozia, alla Pannolini Lines, passando poi ad Andersen Consulting (oggi Accenture) a Merck Sharp & Dohme, fino a Deloitte Consulting». Dopo il rientro a Palermo, la decisione di avviare questa impresa, che annovera clienti importanti a livello nazionale e internazionale: solo per fare qualche esempio, Federfarma, Farmindustria, Italo, Siae, l’ambasciata d’Italia a Londra, Accenture, Italpress.

L’ingegnere Troia è il fondatore dell’azienda, «poi negli anni ho deciso, per fidelizzarli, di permettere l’accesso al capitale anche a dipendenti meritevoli o a persone che hanno contribuito alla crescita dell’azienda. Infine, nel 2012, quando abbiamo costituito la società in Inghilterra e quindi è nato veramente il marchio QWince, abbiamo coinvolto anche altri professionisti, con maggiore esperienza in gestione di aziende». Tra Palermo (il centro di sviluppo, cuore pulsante dell’azienda, dove si realizzano i prodotti e i servizi), Milano e Londra operano una ventina di persone, di cui 14 in Sicilia tutte assunte a tempo indeterminato.

Strategica la scelta di posizionarsi anche a Londra e, dal punto di vista imprenditoriale, di grande intuito: «Quando è iniziato il periodo di crisi in Italia, un po’ in controtendenza abbiamo deciso di investire realizzando prodotti che fossero nostri e soprattutto di guardare al mercato estero per cercare nuovi clienti, come abbiamo fatto, ma soprattutto per avere un osservatorio sul mondo dell’innovazione. Un aspetto per il quale, nonostante tutto, l’Italia rimane ancora un po’ ai margini». Una scelta resa possibile anche dalla lungimiranza – in un’epoca in cui il fantasma della Brexit ancora non aleggiava – del governo inglese «che ha selezionato la nostra azienda come esempio sia di innovazione sia di internazionalizzazione. Siamo così entrati in un programma con cui ci hanno aiutato a presentarci e a sviluppare l’azienda nel mercato inglese, oltre che a ripensare globalmente la nostra posizione commerciale». Questo programma non prevede finanziamenti diretti all’azienda – soltanto 400 al massimo le imprese da tutto il mondo che vi sono ammesse – ma il mentoring costante di un imprenditore inglese di successo: «A noi hanno affiancato un’imprenditrice che è l’ex amministratore delegato di Bombardier, un’azienda che produce aerei. Questa persona ha il compito di indirizzare investimenti e interventi sull’azienda che le consentano di crescere sul mercato nazionale e internazionale».

Certo, ora incombe su QWince, come su tutte le aziende europee con sedi in Gran Bretagna, l’incognita Brexit: «Stiamo ripensando globalmente l’investimento, ma il problema è che nel confronto con i rappresentanti del governo britannico l’incertezza regna assoluta. Per ora Londra sta chiedendo alle aziende di attendere». In ogni caso, l’ing. Troia sottolinea che «la Gran Bretagna non è mai stata l’eldorado: è vero che i ritmi di carriera sono più veloci, ma il lavoratore è anche meno tutelato rispetto all’Italia. Il che ha il suo peso, specie in periodi come l’attuale di mercato in contrazione». Ma l’idea di QWince all’ingegnere Troia come è venuta? «In realtà mi è venuta perché ricevevo da parte di clienti richieste per progetti di questo genere. Io avevo deciso di fare la libera professione, si era appena aperto l’incubatore Arca e mi fu proposto di ragionare sull’idea di impresa. In realtà, poi siamo stati la prima azienda ad uscire dall’incubatore, dopo appena un anno, e quest’anno abbiamo celebrato i primi 10 anni di attività».

Un traguardo ottenuto grazie «a un’assoluta determinazione personale, perché avevo scommesso con me stesso che anche in Sicilia si poteva fare impresa». Determinazione che si è scontrata con tante difficoltà, le cui principali, «per noi che abbiamo clienti in Italia e all’estero, sono prevalentemente il costo dei trasporti, la logistica, le difficoltà nelle commissioni e nel reperire risorse umane adeguate. Lavoriamo in ambienti un po’ particolari, abbiamo bisogno di formare le persone e questo ha un costo: qui non c’è un mercato del lavoro dinamico». Come dire: a Milano, se hai bisogno di una persona con un determinato profilo, fai una ricerca sul mercato e sei in grado di portare una ventata di novità in azienda. «Qui, invece, è molto più complicato perché il modello che per noi funziona meglio è prendere il neodiplomato o il neolaureato e cominciare a formarlo. Ma questo per noi implica costi e tempi». Tutto questo perché l’università, «che pur negli ultimi anni sta cambiando aprendosi un po’ alle aziende, dà un’ottima preparazione di base, ma poi nell’aspetto specifico, pratico, quindi nella conoscenza per esempio dei linguaggi e delle problematiche che poi sono quelle con cui le aziende si confrontano, è ancora distante. C’è insomma un’ottima base metodologica, ma una scarsa apertura al mondo reale».

Tra le soddisfazioni che l’ingegnere Troia annovera, il fatto di «avere celebrato i 10 anni di attività, cosa che non immaginavo», oltre a quello di essere stati citati «da Gartner, advisor a livello mondiale, come una delle aziende con un prodotto tra i 5 più innovativi al mondo per le ricerche di mercato. Diciamo che essere un’azienda che è stata citata sei volte in due anni da Gartner per l’innovazione è stata una grande soddisfazione, anche perché non ci sono mai state altre aziende da Roma in giù che abbiano ricevuto un tale riconoscimento da questo advisor». L’intenzione adesso «è fare evolvere i nostri prodotti con tecnologie ancora più innovative e soprattutto rafforzare la posizione dell’azienda anche sotto il profilo patrimoniale».

L’ingegnere Troia non sa quale possa essere la ricetta per aiutare l’imprenditoria in Sicilia e in Italia, ma «sarebbe sicuramente determinante un aspetto: ho vissuto e fatto impresa a Londra per 4 anni e credo che ci sia anzitutto un problema di mentalità, cioè capire che fare impresa vuol dire far sì anche che le aziende cooperino tra di loro, facciano network. Questo viene ancora prima degli aspetti burocratici e dei contributi statali. Soprattutto in Sicilia, ma generalmente in Italia, noi invece fatichiamo a fare massa critica per avere peso. Le aziende si muovono da sole e questo è un limite grandissimo, perché in un tessuto nazionale in cui le aziende sono medio-piccole, ovviamente una micro-impresa ha un peso super micro a livello internazionale. Puoi allora essere tutto quello che vuoi, realizzare il prodotto migliore del mondo, ma fatichi a crescere se sei da solo. Credo che per noi questo sia il limite più grande, perché invece le capacità e le competenze ci sono tutte: lo dimostriamo quando andiamo all’estero e realizziamo quello che facciamo, soprattutto noi siciliani».

E, nonostante tutto, non c’è alcuna intenzione di lasciare la Sicilia, di trasferirsi definitivamente nella fantasmagorica Londra: «In questa azienda siamo tutti siciliani. Io sono andato via dalla Sicilia, sono tornato e non intendo, comunque vadano le cose, ripartire dalla mia Isola, per quanto quest’ultima scelta potrebbe essere economicamente più vantaggiosa». Approfittando anche del fatto che QWince, in ogni caso, non ha bisogno di particolari infrastrutture o strutture, ma unicamente di cervelli e computer: che in Sicilia, per fortuna, non mancano.

Alla fine, un consiglio ai giovani. E non poteva essere diverso da quello che, senza esitazione, dà l’ingegnere Troia: «Studiare, imparare l’inglese, prepararsi. La preparazione è infatti l’unica cosa che ci salva rispetto alla concorrenza estera».

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