Enna
Le mani della mafia sui terreni, ancora mistero fitto sull’agguato all’avvocato Bonanno
Insomma c’è un inquietante risveglio criminale a Barrafranca e Pietraperzia, due Comuni di antica tradizione agricola dell’Ennese ma anche di consolidate radici mafiose. Le due cittadine distano appena una decina di chilometri l’una dall’altra: Pietraperzia ha circa 7mila abitanti, Barrafranca quasi 13mila. Sono tanti i pietrini sposati con barresi e viceversa, molti anche i pendolari del lavoro che ogni giorno viaggiano avanti e indietro dai due paesi. Se non fosse per una lunga lingua di campagna che le separa, le due realtà potrebbero anche unirsi e formare una sola città.
Eppure negli ultimi mesi sembra ci siano i prodromi dell’interruzione di una tregua mafiosa e di criminalità più spicciola che per lungo tempo ha garantito sonni tranquilli anche alle forze dell’ordine, soprattutto dopo la faida che negli anni ‘80 e ‘90 falcidiò esponenti di Cosa nostra e Stidda – come d’altro canto avvenne in tutte le province siciliane – dei clan di Barrafranca e Pietraperzia. Erano anni in cui chi usciva di casa per andare nei campi non sapeva se tornava vivo. Certo sotto il profilo della criminalità organizzata Pietraperzia negli ultimi dieci anni è stata più sonnacchiosa: «solamente» un paio di pastori uccisi a distanza di due anni l’uno dall’altro ma probabilmente per le solite questioni di confini territoriali. Gli assassini non sono mai stati individuati. Ogni tanto poi – come nelle migliori tradizioni meridionali – c’è stato qualche incendio doloso di auto. Ci sono state anche le incursioni della banda del bancomat, cioè quel gruppo che anche nei paesi etnei assaltava di notte le banche con piccole autogru per portare via le macchine «sganciasoldi» che venivano svuotate e poi abbandonate nelle zone più impervie.
Tutto normale, comunque fino all’avvertimento al maresciallo Giuseppe Castrovilli, che ancora lo scorso anno comandava la stazione dei carabinieri di Pietraperzia. Qualcuno sparò colpi di fucile caricato a pallettoni contro la sua auto. ll militare fu trasferito ad altra sede. Pochi mesi dopo l’incendio del portone di casa del sindaco e più di recente l’avvertimento contro la casa di campagna di un carabiniere della stessa stazione. Poche sere fa l’agguato all’avvocato Bonanno, che era pur sempre originario di Barrafranca ma il fatto è avvenuto a due chilometri da Pietraperzia, davanti alla casa di campagna della suocera. A questo punto la Procura di Enna e i carabinieri devono scoprire se la matrice è pietrina o barrese.
Barrafranca, invece, sempre nell’ultimo decennio è stata più vivace: tre omicidi, qualche agguato andato male, commessi sempre nei periodi estivi. Praticamente un copione per il film «La mafia uccide solo d’estate» girato da Pif.
Negli anni naturalmente sono state portate a termine dalla Dda di Caltanissetta diverse inchieste contro la mafia di Pietraperzia e di Barrafranca che ha ormai diramazioni in Lombardia e in Germania. Anzi è ormai accertato che i capi dei due clan agiscono principalmente da fuori, anche se mantengono ben consolidata nell’Ennese la loro leadership. Eppure nelle due cittadine non ci sono appalti milionari da controllare o grosse aziende – ma di quelle con fatturati da almeno cinque zeri – a cui imporre il pizzo. Ma una cosa c’è ed è lì da secoli: un immenso patrimonio agrario, su cui ruota principalmente l’economia dell’entroterra con un consistente indotto, che pare abbia attirato come un tempo gli appetiti della criminalità.
Ritrovatal’auto usatanell’agguato
Ieri i carabinieri di Pietraperzia e di Barrafranca hanno rinvenuto l’auto, una vecchia Punto azzurra, utilizzata mercoledì per l’agguato all’avvocato Giuseppe Antonio Bonanno. L’utilitaria semicarbonizzata era sulla Sp 78, un’arteria che porta verso Barrafranca una volta superato l’abitato di Pergusa. Un primo indizio in questa complicata indagine coordinata dalla Procura di Enna, oltre ai proiettili di pistola calibro 9 estratti dall’addome di Bonanno dai medici dell’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta. L’uomo però nonostante l’intervento chirurgico è morto appena 24 ore dopo l’agguato. Adesso, ed è un altro particolare insolito, è stata disposta l’autopsia
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