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Così il “clan” si spartiva il porto di Augusta

Così il “clan” si spartiva il porto di Augusta «Fu Lo Bello a perorare la nomina di Cozzo»

Gli sviluppi e le intercettazioni dell'inchiesta sul petrolio lucano Il commissario Cozzo: «Mai fatto favori a Gemelli e Lo Bello»

Di Redazione |

SIRACUSA – Dagli atti dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata, «appare evidente» che il vicepresidente educational di Confindustria, Ivan Lo Bello – che è indagato per associazione per delinquere – «ha in effetti “perorata” la nomina (poi di fatto avvenuta)” di Alberto Cozzo a commissario straordinario del porto di Augusta (Siracusa). La vicenda è strettamente intrecciata alla concessione di un pontile nel porto siciliano che stava molto a cuore al “clan” e in particolare all’imprenditore siracusano Gianluca Gemelli. Secondo gli inquirenti, il “clan” riuscì a far cambiare idea al ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, che pensava ad un candidato diverso. Incontrato Cozzo, Delrio ne rimase – racconta Lo Bello al lobbysta Nicola Colicchi – «piacevolmente soddisfatto: “guarda avevi ragione è proprio uno bravo, uno seriò”, riferisce lo stesso Lo Bello citando le parole di Delrio.

Il processo per arrivare alla conferma di Cozzo (che è indagato) non fu facile da portare a termine per il “clan”. In un sms del 12 maggio 2015 intercettato dagli investigatori, Cozzo scriveva all’imprenditore Gianluca Gemelli che «il gabinetto Delrio vuole nominare commissario il comandante del porto Macauda come a Napoli e Gioia Tauro in vista della riforma». Nello stesso scambio di sms tra i due, si parla di interventi da cercare e Cozzo, dopo aver riferito di non aver ottenuto risultati, si lascia andare anche a un: «E fanculo Delrio».

Il suo umore – si evince dalle numerose intercettazioni agli atti dell’inchiesta di Potenza – cambia completamente dopo l’incontro con Delrio. Infatti, il 21 giugno 2015, Gemelli telefona allo stesso Cozzo e comincia: «Albertone… ma mi dicono che hai fatto faville», riferendosi all’ottima impressione destata nel Ministro. In effetti, con un decreto Delrio confermò Cozzo «fino alla nomina del Presidente dell’ente portuale siciliano e comunque per un periodo non superiore a sei mesi».

Sempre dalle carte dell’inchiesta emerge come il contrammiraglio Roberto Camerini «non andava affatto a genio» all’imprenditore Gianluca Gemelli, che attraverso il “clan” che aveva costituito, riuscì a farlo trasferire da Augusta alla Spezia.  Il giudizio di Gemelli è basato – secondo quanto ricostruito dalla Squadra mobile di Potenza – su due circostanze. La prima si riferisce al fatto che Camerini – secondo Gemelli – «avrebbe sempre fatto lo str… con Federica Guidi, non avendo mai fatto cenno ad alcun invito», quando la compagna, dopo la nomina a Ministro, andava «seppure solo qualche fine settimana» ad Augusta, dove Gemelli vive.

La seconda circostanza riguarda le manifestazioni della Marina: Gemelli spiega al lobbysta Nicola Colicchi (i due sono definiti dagli inquirenti «promotori, ideatori ed organizzatori di un’associazione a delinquere di cui fanno parte anche Paolo Quinto e Ivan Lo Bello») che «alle manifestazioni della Marina in passato veniva invitato il padre, mentre in un’ultima occasione non l’hanno più invitato». Da qui il “fastidio” che Camerini provocava in Gemelli. 

In una delle tante conversazioni intercettate dalla Squadra mobile di Potenza, l’imprenditore Gemelli, sempre facendo pressing per la concessione del pontile, spiega di avere il diritto di ottenere la concessione: «Abbiamo tutte le autorizzazioni come da voi richieste anni fa e le abbiamo ottenute da sette mesi… e stiamo aspettando che ci date la concessione», riferisce a Camerini di aver detto ad Alberto Cozzo (il commissario del porto di Augusta, che è indagato). Alla fine, però, la concessione non andò all’azienda dell’imprenditore, ma alla società Alfa Tanko, della quale – annotano gli inquirenti – l’imprenditore Gianluca Gemelli era “socio occulto”. 

Dalle indagini emerge poi che il “quartierino” individuato nell’inchiesta sul petrolio lucano fece «una serie di interventi che dimostrano peraltro, già di per sé, la capacità organizzativa del gruppo di penetrare le diverse istituzioni anche ai più alti livelli». Negli atti di indagine si legge inoltre che «si tratta di interventi concordati ed adottati in maniera clandestina». Il riferimento è ad incontri avvenuti a Roma, Catania, «proprio allo scopo di evitare di farsi notare troppo in giro», e ad Augusta in particolare. 

E Nicola Colicchi ricorre a un esepio con Gianluca Gemelli quando parlano – intercettati dalla Squadra mobile di Potenza – dei progetti del “clan”. «Allora Gianluca, noi ne abbiamo parlato già… allora tu sai…io lo so come funzionano queste cose… c’è un momento in cui si muove il primo sassolino della discesa e allora se ne porta appresso un altro, poi se ne porta appresso un altro e pian piano diventa una valanga».

  Gli investigatori hanno sottolineato che Gemelli e Colicchi nelle loro conversazioni «nel valutare le “strategie” da portare avanti, ricorrevano sempre all’utilizzo del pronome personale “noi”». Infatti in una conversazione telefonica Colicchi dice a Gemelli: «Se fossimo così bravi anche per noi avremmo fatto grandi cose! Che dire… Siamo degli altruisti!… Altruglioni direi…». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA