Paternò, mafia, pizzo e stupefacenti
Paternò, mafia, pizzo e stupefacenti Così il clan Assinnata dominava
Azzarata la cosca mafiosa legata ai Santapaola VIDEO 1 - 2 Tra gli arrestati anche il figlio del boss dell''Inchino VIDEO
I carabinieri hanno arrestato 14 persone (13 delle quali in carcere e una ai domiciliari) tutte presunte affiliate al clan degli Assinnato di Paternò. Il provvedimento è stato firmato dal gip del Tribunale di Catania su richiesta della Dda etnea. Il provvedimento – eseguito da oltre cento Carabinieri del Comando Provinciale di Catania e dei reparti specializzati quali la Compagnia di Intervento Operativo del XII Battaglione “Sicilia”, il Nucleo Cinofili di Nicolosi (CT) ed il Nucleo Elicotteri di Catania – ha duramente colpito il clan Assinnata di Paternò affiliato alla famiglia catanese Santapaola di Cosa nostra.
Tutte le persone arrestate sono accusate di associazione mafiosa, estorsione ed associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, commessi dal 2012 al settembre 2013. Tra i destinatari del provvedimento, eseguito da carabinieri, c’è il padre del ragazzo al quale il 3 dicembre scorso, durante i festeggiamenti di Santa Barbara, Patrona di Paternò, alcuni portatori dei cerei votivi fecero un inchino reverenziale davanti la sua abitazione.
L’inchiesta dei carabinieri di Paternò ha preso il via dopo il rinvenimento di una tanica di benzina con accendino legato da nastro adesivo in un cantiere di una ditta della provincia di Palermo e alla successiva denuncia presentata dal titolare nei confronti dello sconosciuto autore, poi identificato in Giuseppe Fioretto (uno degli arrestati).
L’attività investigativa ha consentito di documentare come Salvatore Assinnata fosse il promotore dell’organizzazione che gestiva la “cassa” del clan e che si occupava di reinvestire i guadagni nell’acquisto di sostanza stupefacente, avendo rapporti con le altre famiglie mafiose di Catania.
Le indagini hanno delineato una organizzazione mafiosa, di tipo verticistico – piramidale, con una chiara suddivisione dei compiti. Salvatore Assinnata era coadiuvato dai suoi “fedelissimi”, Giovanni Messina, suo storico braccio destro e arrestato perché trovato in possesso di 600 grammi di cocaina purissima, Pietro Puglisi, responsabile di custodire l’arsenale del clan sequestrato nel maggio del 2013, il cognato Andrea Giacoponello, arrestato per la detenzione di una pistola con matricola abrasa, Benedetto Beato, Giuseppe Parenti, Luca Vespucci e Giuseppe Fioretto, con i compiti di gestire le altre attività illecite. Il clan recuperava somme di denaro, che finanziata lo spaccio lo stupefacente.
Le indagini hanno consentito di accertare l’esistenza di una “piazza di spaccio” a Piazza Purgatorio a Paternò gestita da Daniele Beato, Giuseppe Fusto, Mario Leonardi e Rosario Oliveri. Altre persone, come Cinzia Pellegriti, i fratelli Angelo e Andrea Di Fazio, erano incaricati dello spaccio dello stupefacente.
Tra le varie azioni estorsive documentate, anche di recupero crediti, particolarmente efferata e sfacciata quella ai danni di un’ottica paternese, dove gli indagati, approfittando della minaccia implicita dell’appartenenza al clan, si recavano frequentemente per prelevare costosi occhiali senza versare il corrispettivo.
L’indagine ha anche dimostrato come tutti gli esponenti del clan fossero tenuti a versare i proventi delle varie attività illecite in una cassa comune, dalla quale venivano poi ricavati gli “stipendi degli affiliati” e i costi del mantenimento dei familiari di coloro che erano detenuti.
Emblematico è, a tal proposito, l’episodio in cui Daniele Beato che avendo intuito che da lì a poco gli sarebbe arrivata una condanna definitiva, dialogava con Luca Vespucci al quale diceva che sarebbe dovuto avvenire “il passaggio del testimone” e che “ora doveva iniziare a lavorare al posto suo”.
Singolari le conversazioni captate tra alcuni affiliati relative al ruolo indiscusso di leader di Salvatore Assinnat: “iddu quannu u talii sulu nda facci … pigghi e ti pisci incoddu…minchia… iddu è il top dei top…iddu cumanna è u capu…io sugnu suddatu” e ancora una conversazione che evidenziava la cultura mafiosa degli associati “iu sugnu mafiusu….’mbare iu macari ca m’attaccunu …iu mi fazzu a galera mutu mutu” ed infine una conversazione che testimoniava il nuovo ingresso di un affiliato che confermava di essere entrato a far parte del clan Assinnata:
A: ma gia’ t’associaru?…t’associasti?…ti dichiarasti vero?
B:si…
A: si?…apposto…””.
E’ uno stesso appartenente all’organizzazione che, in una intercettazione, diceva del proprio capo Salvatore Assinnata“ha statu pi sempri” e “lui è il top del top”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA