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Dal sorbetto ai ricci alla granita di zucca. I gelati? Famoli strani per mangiare sano

Di Carmen Greco |

Diciamolo subito. Non ci sarà mai qualcuno che al banco dei gelati chiederà un cono al peperone e wasabi. Cioccolato, pistacchio, nocciola, stracciatella, resteranno sempre nell’immaginario collettivo, i gusti preferiti. Perché gelati e granite non sono considerati alimenti, ma “godurie” del palato, comfort food da mangiare a cucchiaiate sul divano con un gran senso di colpa (successivo) che ti assale.

Eppure ci sono maestri del gelato artigianale che, da qualche tempo, lavorano per fare delle golosità fredde un vero e proprio alimento che fa bene alla salute.

Un’idea che – abbinata all’obiettivo di far uscire dai loro laboratori i gelatai così com’è avvenuto per i cuochi – ha portato alla creazione di nuovi, impensabili gusti fino a pochi anni fa.

«Nell’ambito della cucina il gelatiere è stato sempre il figlio di un Dio minore – sottolinea Giovanna Musumeci, di Randazzo, artigiana del gelato e figlia d’arte, – non è mai riuscito a sapersi vendere così bene come hanno fatto da tempo cuochi e pizzaioli. In realtà il gelato è un alimento molto complesso, c’è tanto studio, tanta disciplina e la ricerca di nuovi gusti di granite gastronomiche e gelati non è solo un esercizio di stile. Da una parte c’è sicuramente la voglia di dimostrare che siamo in grado di andare oltre il senso del gelato dolce e basta, vedi il gelato gastronomico ai ricci di mare. Ma c’è anche il desiderio di dare significato a quello che fai, anche per spaziare in un altro ambito. Con gelato e granite gastronomici diamo allo chef un elemento che in cucina non ha rispetto ai vari metodi di cottura consolidati: il freddo. Se si pensa che all’interno di un piatto ci può essere una granita pomodoro e basilico, peperone e menta, limone e bottarga, o guacamole, tanto per nominarne qualcuna, le soluzioni possono essere tantissime. Con queste creazioni diamo modo allo chef di completare il suo piatto».

Giovanna Musumeci

Quanto questi gusti incontrino la “popolarità” è una sfida ancora tutta da giocare. «Dalle contaminazioni nascono sempre delle cose straordinarie – è convinta Musumeci -. La gente assaggia, perché è curiosa e poi è anche una strategia di marketing. Se si mette un gelato al peperone in vetrina non è tanto per venderlo, quanto per fare marketing, per incuriosire il cliente a parlare del prodotto che usi, a fidelizzarlo magari. Se lo abitui così, inizierà a pretendere sempre qualcosa di più da parte tua, ed è uno sforzo che noi dobbiamo fare, ti devi evolvere. Abbiamo fatto il gelato gastronomico con i porcini, con i peperoni, abbiamo tenuto al banco un gelato chiamato “Heidi”, fatto con latte di capra, miele delle nostre api e pere. Sono gelati che incuriosiscono, ma il gelato non è un alimento per sopravvivere, lo scegli per gratificarti e quindi scegli quello che conosci, che ti conforta. Potrei mettere al banco un gelato al parmigiano reggiano, o un gelato zucca mantovana e gorgonzola, ma comunque lo devi pensare in un contesto di aperitivi. Noi da questo punto di vista siamo – lo posso dire? – un po’ terroni, siamo molto diffidenti. Una mia amica a Milano fa un gelato al wasabi che è spaziale e lei lo tiene al banco, ma è a Milano, dietro il Duomo. In Sicilia ho visto fare un gelato di stracotto di manzo di vacca Cinisara che è strepitoso, è buonissimo, ma al banco non ce lo vedo, va più contestualizzato in determinati eventi».

«Vorrei – continua Musumeci – che la gente si ponesse in maniera un po’ più curiosa. Il gelatiere artigiano è capace di raccontarti quello che fa, perché sceglie determinati prodotti, quale storia ha alle spalle. Mi piacerebbe che la gente mi domandasse perché utilizzo la nocciola di Castiglione invece di quella delle Langhe, perché ho scelto la massa cacao di Sao Tomè o un cioccolato lavorato a Modica. Voglio dire che più curiosità corrisponde a più educazione alimentare. Tanti bambini mi chiedono i gusti Sneaker, Oreo, Masha e Orso, ma questo dipende dal fatto che non abbiamo educazione alimentare e che i genitori stessi non sono abituati a certi gusti poco “ruffiani”. Il problema è che sediamo i bambini davanti alla tv con una merendina e siamo contenti. Così, però, gli “asfaltiamo” i palati e riconosceranno solo quel gusto come loro memoria alimentare».

Il discorso sull’educazione alimentare e sul cibo sano è quello che guida anche l’operato di Maurizio Valguarnera che anzi, è andato oltre, trasformando il gelato in “medicina”. È lui che ha registrato il marchio di Gelato officinale e come un “farmacista” realizza gelati nutraceutici (da “nutrizione” e “farmaceutica”) cioè con quei principi nutrienti che hanno effetti benefici sulla salute. Food project e maestro gelatiere della provincia di Palermo, ha avviato da tempo un lavoro di ricerca con il dipartimento di Scienze e tecnologie alimentari dell’Università di Palermo proprio sui principi nutritivi di un gelato che non fa soddisfa solo le papille gustative. «Questo mese entriamo in produzione con un barattolino da 100 grammi di gelato officinale – anticipa – che oltre ad essere vegano è anche biologico e sarà acquistabile in una catena di supermercati bio. I gusti seguiranno gli abbinamenti frutta-pianta officinale, sempre realizzati con prodotti siciliani dall’alto profilo nutraceutico. Faremo anche una sperimentazione al “Gemelli” di Roma sui pazienti, con questo tipo di gelati che contengono flavonoidi, olio d’oliva extravergine, antiossidanti».

«Il gelato – ricorda – appartiene alla Sicilia dai tempi degli arabi che addizionavano con la frutta la neve delle niviere aggiungendo tutto il sapere delle loro spezie e dolcificando con il miele. Io non faccio altro che il processo inverso, chiaramente in una performance più scientifica e più consapevole dove gli elementi vengono equilibrati anche con bassissimo indice glicemico, non uso saccarosio, non uso grassi, nè panna, ma solo olio d’oliva. Con il mio gelato voglio raccontare il mondo circolare della Sicilia. Un gusto che piace molto del gelato officinale? Cioccolata di Modica con anice stellato e melagrana. La difficoltà è mettere insieme tanto valore nutrizionale, è questa la sfida, perché poi il gelato è chimica, applicazione e rigore, bilanciamento, parametri cui non si deve venire meno. Non è difficile creare il gelato, la sfida più grande è il mix di erbe aromatiche e la capacità di inventarsi delle cose che siano accattivanti. Abbiamo deciso di uscire sempre con tre gusti “limited edition” a seconda della stagionalità: adesso abbiamo fragola e rosmarino, poi pistacchio con arancia, oppure limone basilico e menta. Via via con il passare dei mesi cambieremo a seconda di quello che offre il territorio».

Giorgio Spatuzza

E, proprio dal territorio, arriva l’idea di un’azienda di Vittoria che opera nel settore delle conserve di prodotti agricoli. Giorgio Spatuzza, 30 anni, rappresenta la terza generazione e punta a scovare nuove fette di mercato per mandare i suoi prodotti in giro per il mondo. Gli ultimi nati sono i sorbetti di ortaggi, una novità che sta facendo conoscere in queste settimane nelle fiere di settore: sorbetti di melanzana, di zucca, di pomodoro verde.

«Abbiamo studiato tanto negli ultimi anni per mettere su il progetto dei sorbetti agli ortaggi per il mercato Horeca. L’abbiamo fatto – spiega Spatuzza – soprattutto per i bambini, perché al giorno d’oggi dobbiamo capire cosa mangiamo e cosa diamo da mangiare ai nostri figli. Questi sorbetti non contengono coloranti, additivi o conservanti se non quelli naturali. La zucca è aromatizzata all’arancia, la melanzana al limone, al basilico, al finocchietto selvatico, e poi abbiamo il sorbetto di pomodoro verde e di pomodoro ciliegino. Una volta raccolti, gli ortaggi vengono lavorati entro 12 ore, si cuociono, si aggiunge zucchero e un po’ di addensante. Il tutto viene tritato in un mixer e poi confezionato in buste sottovuoto pastorizzate pronto per essere venduto. I clienti dovranno solo aggiungere dell’acqua».

Le “buste” di sorbetto liquido (che ha la consistenza di un passato di verdura ndr) hanno una vita di 18 mesi. «La cosa importante è la qualità della materia prima di partenza, per il resto non inseriamo nulla se non zucchero e succo di limone. È un progetto in cui crediamo tanto, siamo un’azienda a conduzione familiare (il padre Giuseppe e il fratello Gaetano, 36 anni, ndr) e puntiamo ad una clientela di altissima qualità».

I sorbetti alla zucca, al pomodoro verde e alla melenzana

Nato da poco più di un mese, ci sono voluti tre anni per arrivare al risultato finale. «Il difficile è stato trovare gli abbinamenti ideali. Il tentativo peggiore? Abbiamo provato – ricorda Spatuzza – a fare un sorbetto di melanzana aromatizzato al cioccolato. Non so nemmeno descrivere cosa sia venuto fuori (ride ndr). Invece quello di cui andiamo più orgogliosi è la zucca aromatizzata all’arancia. Pensate cosa può rappresentare una cosa del genere per i bambini che non mangiano le verdure. Il mercato oggi ha bisogno di prodotti genuini e sani.

«I bambini – commenta il papà, Giuseppe Spatuzza, vero ideologo del sorbetto agli ortaggi – non sanno più cosa siano gli ortaggi , per questo faremo con la melanzana anche una linea di ghiaccioli in modo da offrire loro qualcosa di genuino».

Twitter: @carmengreco612

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