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Dopo vent’anni e tre sentenze 135 lavoratori aspettano ancora

Di Orazio Provini |

Come dire una sorta di abbandono che settimana dopo settimana si acuiva sempre più, tanto che 135 dipendenti di quei 185 in totale (prima che fossero tutti licenziati) difesi dall’avvocato Giuseppe Scavone, decisero di rivolgersi all’allora pretore per chiedere il risarcimento dei danni morali. Dopo vari mesi e altrettanti passaggi giudiziari, nel 1997 una sentenza condannò l’azienda a versare a ogni dipendente che aveva fatto ricorso, 15 milioni di lire (non c’era ancora l’euro). Peccato però che nel frattempo e qualche mese prima, aprile ‘96, la Katering Interprojet (il cui amministratore unico era Antonino Ferraù) veniva dichiarata fallita dal tribunale di Messina. Tribunale che nominò poi curatore fallimentare il messinese Letterio D’Andrea. A luglio dello stesso anno fu decretato anche il fallimento personale di Ferraù, che aveva intanto venduto, per una cifra molto vicina ai 5 miliardi di lire, la sua farmacia di Taormina, lato Porta Catania.

A tutela dei lavoratori – ai quali l’Inps anticipò il Tfr e le tre mensilità di stipendio dovute dall’azienda per il licenziamento – l’avvocato preswento e ottenne l’ammissione delle cosiddette “insinuazioni al passivo” nel procedimento della Katering; le stesse che furono presentate anche nel procedimento relativo al fallimento personale di Ferraù. La richiesta venne però rigettata, ma dopo il ricorso avanzato nel frattempo al tribunale di Messina, con sentenza 3613 2001, i lavoratori furono ammessi per la stessa somma spettante loro dalla Katering, (azienda però insolvente e svuotata da ogni risorsa) anche al fallimento personale di Ferraù. Una decisione alla quale l’amministratore fece però ricorso in appello. Cinque anni dopo, con sentenza del 15 novembre 2006, anche la Corte d’appello diede ragione ai lavoratori, rigettando il ricorso di Ferraù, che per l’ultimo grado di giudizio andò in Cassazione. Dal 26 aprile 2007, giorno della notifica, la sentenza è stata emessa nove anni dopo, nel Marzo dell’anno scorso. Tre gradi di giudizio e vent’anni dopo, del risarcimento spettante a quei 135 lavoratori, alcuni dei quali non ci sono più, ancora nessuna traccia. E la chiamano giustizia.

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